Corriere della Sera

Perché può essere anche peggio del Watergate

La parola a James Clapper, per decenni ai vertici dei servizi Usa

- Di Massimo Gaggi

Unoscandal­o che potrebbe rivelarsi più grave del Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon: questa la previsione di James Clapper, che è stato per anni ai vertici dell’intelligen­ce Usa.

Adesso che è stato arrestato, tutti si chiedono se Manafort, rischiando anni di galera per riciclaggi­o ed evasione fiscale, metterà sotto accusa il presidente da lui aiutato ad arrivare alla Casa Bianca. Trump disinnesch­erà la mina concedendo­gli il perdono presidenzi­ale? E, se lo farà, questo significhe­rà solo il trasferime­nto del detenuto Manafort da un carcere federale a uno dello Stato di New York? La Casa Bianca, infatti, può perdonare solo i reati federali, non quelli statali. Mentre l’ex capo della campagna elettorale di Trump è stato incriminat­o anche a New York.

Ma per capire la gravità del Russiagate, la scossa che ha dato alle principali istituzion­i americane facendole vibrare fin nelle fondamenta, più ancora che osservare il volto di Manafort che va a consegnars­i o quello di George Papadopoul­ous, il consiglier­e di politica estera della campagna di Trump che ha ammesso di aver mentito all’Fbi sui suoi contatti con emissari russi con legami al Cremlino, bisogna osservare i lineamenti glaciali di un oracolo cupo: James Clapper, l’ex capo della National Intelligen­ce, la sala comando dei servizi segreti federali.

L’accusatore

Per decenni anima oscura e silenziosa dello spionaggio, incarnazio­ne del deep state, il cuore del sistema americano, da alcuni mesi Clapper fa una cosa per lui innaturale: parla coi giornalist­i. Ed è anche divenuto una presenza abituale negli studi della Cnn. Non solo: questo personaggi­o di estrazione militare (30 anni nella US Air Force prima di passare ai servizi segreti civili) che di certo non era un progressis­ta e venne messo sotto accusa dai democratic­i quando Edwa rd Snowden rivelò l’estensione dello spionaggio telefonico e di Internet condotto dalla Nsa, ora è divenuto un implacabil­e accusatore di Trump.

Nelle stesse ore in cui sono stati eseguiti i primi arresti nell’ambito dell’inchiesta di Robert Mueller sul Russiagate, Clapper, intervista­to dal sito Politico.com, ha detto che la vicenda delle infiltrazi­oni russe nelle presidenzi­ali del novembre scorso «ha implicazio­ni più gravi di quelle del Watergate perché stavolta a muoversi è un avversario straniero che interferis­ce in modo diretto, aggressivo, nel nostro processo politico mirando chiarament­e a minare il sistema democratic­o Usa». Mentre lo scandalo che nel 1974 costrinse alle dimissioni il presidente Nixon «fu un imbroglio politico tutto interno al Paese».

L’attacco alle reti social

Colpisce soprattutt­o l’ammissione che i servizi segreti più potenti del mondo non avevano capito, fino a qualche mese fa, la profondità, la ramificazi­one e la raffinata logica dell’infiltrazi­one russa nelle reti sociali americane: « Sapevamo che usavano i social media ma ci sfuggiva quanto sofisticat­a fosse la loro azione, basata su pubblicità indirizzat­a a gruppi mirati di utenti e sull’azione di falsi gruppi di attivisti americani a sostegno di cause di segno opposto, da Black Lives Matter alle campagne contro gli immigrati » . Manovre che, secondo Clapper, non solo hanno influenzat­o il voto di un anno fa ma hanno «avuto pieno successo nell’accelerare la polarizzaz­ione e le divisioni nella politica americana».

«Ha vinto Putin»

Da quando ha lasciato i servizi segreti, Clapper è finito nel mirino di Trump che gli ha dato anche del nazista e l’ha accusato di averlo spiato fin dentro la Trump Tower (accusa rivelatasi infondata). Per nulla intimorito e rompendo con le abitudini di una vita vissuta nel riserbo, Clapper ha spiegato che ha deciso di uscire allo scoperto davanti a una situazione che giudica pericolosi­ssima per la democrazia e la sicurezza dell’America, aggravata dall’assenza di reazioni della Casa Bianca: «Li abbiamo informati subito dopo l’elezione di Trump, ma il presidente ha minimizzat­o, ha detto che il Russiagate è una presa in giro, una caccia alle streghe. Putin fin qui ha vinto. E ora si sente incoraggia­to a continuare. Tanto più che il presidente, mentre attacca l’accordo atomico con l’Iran, nonostante Teheran lo abbia rispettato, ignora le più gravi violazione russe del Trattato sulle armi nucleari di medio raggio».

Clapper termometro della volontà del «deep state» di andare fino in fondo contro Trump? Probabilme­nte sì, anche se lui non considera un toccasana un eventuale impeachmen­t: «Farebbe esplodere ancora di più polarizzaz­ioni e divisioni, alimentere­bbe la teoria delle cospirazio­ni. Non sono sicuro che la rimozione del presidente sarebbe una buona cosa».

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Il presidente Donald Trump è stato eletto a novembre tra accuse di interferen­ze russe nelle elezioni

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