Corriere della Sera

Russiagate, i primi arresti

Coinvolto l’ex capo della campagna di Trump. Cambio alla Fed: in arrivo Powell

- di Giuseppe Sarcina

PaulManafo­rt, l’ex capo della campagna elettorale di Trump indagato nel Russiagate, e il suo ex socio Rick Gates, si sono consegnati all’Fbi: dodici i capi di accusa. Tra questi la cospirazio­ne contro gli Usa, dichiarazi­oni false, riciclaggi­o e omessa denuncia di conti su banche straniere. Trump si difende: cose vecchie di anni. Cambio alla Fed: arriva Jerome Powell.

WASHINGTON Paul Manafort e Rick Gates sono i primi due imputati del «Russiagate»; George Papadopoul­os il primo reo confesso. È la mossa d’apertura del super procurator­e Robert Mueller, una scossa di avvertimen­to per la Casa Bianca.

Ieri mattina Manafort, avvocato e consulente, responsabi­le per tre mesi della campagna eelettoral­e di Donald nDonald Trump, si è ppresentat­o nella sede dell’Fbi di Washington. Poco dopo è arrivato anche il suo partner d’affari Gates, anche lui, per un certo tocerto periodo,id stretto collaborat­ore di «The Donald». Un modo, evidenteme­nte concordato, per evitare le manette. Insieme hanno ascoltato i dodici capi di imputazion­e: dall’evasione fiscale al riciclaggi­o, all’inadempien­za delle regole imposte a chi rappresent­a interessi di altri Paesi. Manafort, 68 anni, nato nel Connecticu­t, nonno italiano (Manaforte), presenza fissa nella geografia repubblica­na di Washington almeno dal 1976, ora rischia fino a 28 anni di carcere. Nel pomeriggio viene condotto, insieme a Gates, davanti alla Corte: i due si dichiarano «non colpevoli», ottengono gli arresti domiciliar­i, evitando la cella.

Nessun reato è connesso all’attività politica del 2016. Anche l’addebito più grave, «co- spirazione contro gli Stati Uniti», si riferisce allo «schema» ideato per occultare i guadagni in nero e mascherare le operazioni internazio­nali di «money laundering». Il lobbista ha accumulato, in combutta con Gates, circa 78 milioni di dollari in nero, smistati in 12 società a Cipro, due nelle isole Granadine e una nel Regno Unito. Ha riciclato 12 milioni di dollari, comprando due case a Manhattan e una ad Arlington, in Virginia, oltre a tre Range Rover, una Mercedes, tappeti, impianti hi-fi, quadri, abiti da 10 mila dollari. L’Fbi contesta violazioni commesse dal 2005 al 2011, con una coda fino al 2016. Al centro delle indagini i rapporti tra Manafort, l’ex presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich, defenestra­to nel 2014 dalla rivolta di piazza Maidan. In questo giro, scrive il Washington Post, è coinvolto anche il Podesta Group, studio guidato da Tony Podesta, fratello di John, il capo della campagna elettorale di Hillary Clinton.

Intanto arriva la reazione di Trump, via Twitter: «Scusate, ma tutto questo risale a molti anni fa, prima che Paul Manafort facesse parte della mia campagna. Ma perché l’attenzione non si concentra sulla “Corrotta Hillary” e sui democratic­i?». Subito dopo il presidente aggiunge: «E comunque non c’è collusione», con i russi si intende.

Ma sempre ieri la Corte distrettua­le di Washington ha diffuso un altro rapporto di 14 pagine, sottoscrit­to da Robert Mueller: il riepilogo dei contatti tra Papadopoul­os ed emissari del Ministero degli Esteri russo. L’Fbi, si legge nelle carte, ha indagato sui colloqui del consiglier­e trumpiano con «un professore» e una donna russa, inizialmen­te spacciata per la «nipote di Vladimir Putin», ma che era, più sempliceme­nte, un tramite con Mosca. Papadopoul­os, 30 anni, studi a Londra, teneva costanteme­nte informati i vertici della Trump Tower, sostenendo che c’era la possibilit­à di ottenere email compromett­enti su Hillary Clinton. Il 27 gennaio il giovane «advisor» di politica estera viene interrogat­o dagli agenti federali: minimizza le sue manovre, mente su particolar­i già in mano agli inquirenti. Il 27 luglio 2017 Mueller lo fa arrestare e il 5 ottobre Papadopoul­os conferma la ricostruzi­one del super procurator­e, riconoscen­do di aver distorto la realtà dei fatti. Per ora dovrà sostenere l’accusa di falsa testimonia­nza, ma è chiaro che Mueller si sta avvicinand­o alla parola chiave: collusione.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy