Maroni: qui la Lega rimane lombarda Le perplessità sulla svolta nazionale senza Nord nel logo. «Alle regionali con lo stesso simbolo del 2013»
«Non posso rispondere a domande politiche, mi trovo in una sede istituzionale». Roberto Maroni ride sotto i baffi. Il suo siparietto si innesca quando qualcuno gli chiede cosa ne pensi della decisione di Matteo Salvini di presentarsi alle elezioni politiche soltanto con il nome Lega, senza più la parola Nord.
Ma la risposta alla seconda domanda è ancora più sorniona del no comment riguardo alla prima: alle regionali del 2018 il Carroccio si presenterà come Lega lombarda o soltanto come Lega? Qui il presidente lombardo sfiora il teatro e si rivolge con aria candida all’assessore regionale Simona Bordonali: «Come ci eravamo presentati nel 2013? Ah, era Lega lombarda?... E allora ci ripresenteremo come Lega lombarda».
Che il governatore non sia proprio un fan sfegatato della svolta nazionale del partito decisa da Matteo Salvini, è cosa nota. In Lega molti lo considerano l’ispiratore della corsa di Gianni Fava, l’anti Salvini in chiave indipendentista che ha raccolto il 18% dei consensi al congresso leghista dello scorso maggio. Anche se in realtà l’ex ministro dell’Interno non ha mai fatto dichiarazioni di voto.
Resta il fatto che, nei territori di tradizionale insediamento della Lega, ci sono tuttora cuori che battono per il Sole delle Alpi . E i voti di Fava sono stati in stragrande maggioranza lombardi. E così, il primo a commentare l’annuncio di Maroni è proprio lui: «Io lo davo per scontato, anzi lo considero il minimo sindacale. Ma non sposta di una virgola la mia opinione sul fatto che sia un errore andare con simboli diversi alle Politiche e alle Regionali». Osserva Fava: «Il paradosso è che abbiamo un partito che si chiama Lega nord per l’indipendenza della Padania, che in Lombardia correrà come Lega lombarda e alle politiche si chiamerà ancora non si sa come».
Il rischio che la svolta nazionale possa tradursi nella perdita di qualche punto prezioso alle regionali, certamente a Maroni è ben presente. Inoltre, Umberto Bossi è in rotta di collisione con la Lega salviniana. E giusto sabato scorso «Grande Nord», che a Bossi spesso si richiama, ha indicato come proprio candidato presidente l’ex deputato leghista Giulio Arrighini. Si tratta di un movimento formato soprattutto da fuoriusciti del movimento, i fondatori sono l’albergatore milanese Roberto Bernardelli e Marco Reguzzoni, già fedelissimo di Umberto Bossi e capogruppo del Carroccio alla Camera. Nel gruppo anche l’ex sottosegretario alla salute Francesca Martini.