Andrea Rossella
Caro Aldo, le banche dovrebbero imparare a conoscere meglio i clienti, focalizzandosi su cosa offrire. Da distributori di prodotti, devono diventare fornitori di servizi personalizzati ad alto valore, segmentando i propri clienti e aprendosi a nuove collaborazioni con altri settori. Un cliente soddisfatto è il miglior biglietto da visita per il rilancio del settore. Quindi bisogna riconvertire e ammodernare il patrimonio di esperienze e di «know-how» (i dipendenti), adeguandolo al nuovo modo di «fare banca»: si devono attirare nuove competenze e nativi digitali, bisogna essere capaci di gestire la «diversity» e anche disegnare un nuovo dna della leadership. Che ne pensa?
Caro Andrea, mi sembrano parole di buon senso. Presentare tutte le banche come fossero la Spectre, intessute di una volontà del tutto intesa al male, è sciocco e fuorviante: se sono tutte colpevoli, nessuna è davvero colpevole; si deve sempre distinguere. E formare sempre meglio i dipendenti.
RICOSTRUZIONE
«Tempi troppo lenti» Dopo oltre un anno dal tragico terremoto che ha colpito l’Italia centrale, sono state consegnate soltanto 850 casette alle persone che ne hanno disperato bisogno. In un Paese con una disoccupazione così alta è inspiegabile che non si trovino operai per velocizzarne la costruzione, mentre le persone continuano ad abitare negli alberghi con i costi del soggiorno a carico della collettività. Angela Lanzo, Lamezia Terme
ALLEANZA ATLANTICA
Impossibile farne a meno Un lettore si chiede perché gli europei non facciano a meno dell’Alleanza Atlantica. Faccio osservare che una difesa comune europea non potrebbe prescindere dal possesso di armi atomiche e missili in grado di lanciarli in qualsiasi parte del mondo. Non avere simili armamenti esporrebbe l’Europa al ricatto di qualsiasi Stato che possegga armi atomiche. Vogliamo percorrere questa strada? Marco Garaventa, Pieve Ligure Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579
Formare sempre meglio i dipendenti
lettere@corriere.it letterealdocazzullo @corriere.it
Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere»
@corriere
Caro Aldo,
nella storia recente, dove si sono verificate per l’Esercito italiano confusioni, mancanza di ordini, sbandamenti, diserzioni, abbandono delle truppe e degli ufficiali a se stessi, ritroviamo sempre Badoglio. Fra i responsabili di Caporetto, Badoglio, invece di finire alla corte marziale, venne promosso al comando supremo.
Cari lettori,
Le parole più cliccate in rete accanto al nome di Pietro Badoglio sono «infame» e «traditore». Badoglio non garba a nessuno. La destra lo considera appunto uno che ha dirazzato, la sinistra un estraneo se non un nemico (anche se Togliatti simpatizzò con lui; quand’era ministro nel suo governo spettegolavano del conte Sforza in dialetto piemontese). I revisionisti, che hanno rivalutato pure l’Inquisizione e i briganti, non osano rileggere la vicenda di un personaggio così impopolare. In realtà, piaccia o no, Badoglio fu il più importante capo militare italiano della prima metà del secolo, quella in cui abbiamo fatto (spesso male) le guerre. Lui c’è sempre: in Libia, nella Grande guerra, ancora nella Libia da riconquistare, in Etiopia, poi nella Seconda guerra mondiale. Tra i due conflitti è quasi ininterrottamente capo di Stato maggiore. Il bilancio finale è certo negativo. Ma come in ogni storia complessa ci sono anche le luci, accanto alle ombre. A Caporetto i suoi cannoni tacciono, Badoglio è certo corresponsabile della disfatta, e viene salvato forse anche per meriti massonici; ma la conquista del Sabotino (e quindi di Gorizia) era stata merito suo, così come lo sarà — in quanto vice di Armando Diaz — l’organizzazione della resistenza sul Piave e del riscatto di Vittorio Veneto. Ai molti fascisti che mi scrivono vorrei ricordare che ad Addis Abeba non entrò il Duce, che si limitò a darne l’annuncio dal balcone; «alla testa delle truppe vittoriose» c’era il maresciallo Badoglio. Che però non capì il secondo conflitto mondiale. Restava convinto che la guerra si facesse con «il fucile, il mulo, il cannone», mentre i tedeschi preparavano aerei e carri armati. L’8 settembre fu un disastro senza attenuanti. Ma un conto è un giudizio anche aspramente critico; un altro è rimuovere Badoglio dalla storia nazionale. Operazione impossibile senza cadere nel ridicolo.