Paolo Fresu rilegge il Medioevo «La mia tromba per le laudi del ‘200»
«Quei testi, pura melodia: ho trovato una grande libertà ritmica e armonica»
Nello spirito della città Enrico Intra, storico nome del jazz italiano, si esibirà con Joyce Yuille e Marcella Carboni il 3/11 presso la Parrocchia Madonna della Medaglia Miracolosa ( foto Pino Ninfa) materiale all’apparenza povero ma allo stesso tempo così ricco di contenuti. Abbiamo lavorato in parallelo, tanto tra noi c’è una sintonia totale: io scrivevo per un quartetto dove oltre alla mia tromba c’è il bandoneon di Daniele, il contrabbasso di Marco Bardoscia e le percussioni di Michele Rabbia, Di Bonaventura per orchestra d’archi arricchita da oboe e fagotto. Nelle 13 laudi che abbiamo scelto, i due gruppi ora si alternano ora si sovrappongono; in più c’è il coro Armonioso Incanto che intona le melodie originali, talvolta all’inizio, come a introdurre le elaborazioni».
Un procedimento non nuovo nella storia della musica: ancora nel Settecento, ad esempio, la melodia gregoriana del Gloria o del Credo dava il là alle polifonie corali e agli accompagnamenti strumentali. «Per noi è stato forse ancora più facile utilizzare melodie medievali che non classiche o ottocentesche: la musica delle laudi è puramente melodica, non ha la profondità armonica di un Bach o un Beethoven, e neppure un ritmo immodificabile, essendo scandita dal testo che accompagnava; quindi abbiamo potuto godere di una libertà ritmica e armonica incredibile». Alcune volte rimanendo vicini all’originale, come in «Lauda novella», dove «ho mantenuto l’andamento modale tipico di quei secoli: anche nel jazz per improvvisare si usano i modi greci, lidio, dorico ed eolico»; altre volte «modificando, flettendo, tagliando, pur nel tentato massimo rispetto dell’originale. Ad esempio in ”Ave donna santissima” ho semplicemente cambiato due note all’interno della melodia per permettermi di sviluppare un certo disegno armonico che la lauda mi ispirava; altrove ho tolto le note finali della melodia, in altre lo sviluppo è stato maggiore, ma chiunque conosce questi brani li riconoscerà immediatamente».
Per la scelta delle 13 tra le 47 laudi, Fresu si è lasciato guidare da un criterio puramente estetico: «Non ho guardato al testo ma a quanto mi dicevano le melodie: “Venite e laudare”, “Altissima luce”, “Lauda novella” sono le più note anche perché sono le più belle » . Ama molto anche «Voi che amate lo Criatore» «che ho trovato in una versione di Mina accompagnata da Danilo Rea» e «Onne omo ad alta voce laudi la verace croce » , «l’unica che facciamo solo io e Di Bonaventura».
A Milano sarà la prima volta che il progetto non verrà proposto in una chiesa: «Penso che la religiosità originale sia rimasta, lo definirei un progetto mistico; io mi sento cristiano ma credo che queste melodie abbiano in sé qualcosa di difficilmente fotografabile, un messaggio universale capace di attraversare il tempo e le credenze». Over 90 Marshall Belford Allen e Lee Konitz, veterani a JazzMi
richiede meno fiato (e non si può dargli torto). In comune hanno anche il fatto di essere diventati famosi grazie a un pianista. Konitz fu infatti l’allievo prediletto di Lennie Tristano, suo concittadino e leggendario interprete del «cool», espressione che per altro rifiutava. Marshall, che studiò a Parigi dopo essere arrivato in Francia durante la Seconda guerra mondiale, centrò la svolta decisiva a 34 anni, quando incontrò il geniale Sun Ra — fondatore più di una «religione» che di un semplice genere jazzistico — e non abbandonò mai più la sua band, assumendone l’impegnativa e faraonica leadership nel ’95, dopo la morte del primo successore John Gilmore.
Due lunghe vite parallele: il bianco e il nero, stesso strumento e stessa voglia di improvvisare. A Milano Konitz sarà con il suo quartetto, mentre Allen guiderà come sempre la variopinta e imprevedibile Arkestra, capace di «spaziare» come una navicella stellare dalla tradizione al free. Centottantatre anni in due, ma nessuno si lasci ingannare: non è una musica per vecchi.