Parlare di libri in tv e il coraggio di portarli in prima serata
Nel 1963 aveva previsto tutto. In un celebre articolo, «Gita a Chiasso», Alberto Arbasino accusava l’editoria italiana di non essersi mai ripresa dal ventennio fascista e invitava i nostri intellettuali a fare una gita «a due ore di bicicletta da Milano», per sprovincializzarsi.
La gita dovrebbero farla ora tutti quelli che si occupano di libri in tv e si prendono maledettamente sul serio, come se i destini dell’editoria passassero dalle loro promozioni, dalla loro compunzione.
Il libro, per sua natura, è un oggetto irriducibile al video o può invece essere tranquillamente piegato alle strategie della comunicazione televisiva? Il sabato sera, a Lugano, a tre ore di bicicletta da Milano, va in onda «Turné Soirée» con Damiano Realini e Mariarosa Mancuso (Rsi La1).
Riportare i libri in prima serata ci vuole un bel coraggio, ci vuole soprattutto quella capacità rara di nascondere la profondità in superficie, di invitare persone interessanti (Fulvio Pelli, Federico Buffa, il vescovo Valerio Lazzeri), di intervistare lo scrittore cileno Luis Sepúlveda e non il solito «raccomandato da casa editrice», di affrontare temi non facili come quello della morte (la location della terza puntata era una serra piena di fiori destinati anche ai cimiteri).
Se Damiano Realini ha il compito di animare la serata (non sta mai impalato come i nostri presentatori di libri, non ha quell’aria contrita di chi vuol far saper allo spettatore che è più bravo e colto dell’intervistato), tocca invece a Mariarosa Mancuso dare spessore e consistenza ai libri presentati, con connessioni, citazioni, riferimenti, passando con grande competenza dalla letteratura al cinema, dal cinema alla serialità.
Spetta infine al comico e ventriloquo Pietro Ghislandi interpretare a suo modo gli argomenti della serata, perché parlare di libri, sia chiaro, non è una punizione.