La Sicilia, i veleni gli impresentabili
Candidati impresentabili, clima fetido, colpi bassi: la campagna elettorale in Sicilia sprofonda in una palude infida e insidiosa. E gli odi attraversano persone e partiti.
Riuscirà Nello Musumeci, dopo due «scuzzulature», a diventare un Bastardone? Ecco il tema. Coi fichi d’India, spiega Totò Cuffaro a Pietrangelo Buttafuoco nel libro «Strabuttanissima Sicilia», funziona così: si fan cadere i primi fiori estivi «affinché la pianta generi in autunno frutti più sostanziosi e duraturi». E come un contadino anche l’elettore si regola: «rinuncia ai ficodindia d’estate, i politicanti del provvisorio, per avere il Bastardone più buono in inverno, i politici fuoriclasse».
Che il candidato delle destre alle elezioni di domenica sia stato «scuzzulato» due volte, alle ultime «regionali» vinte da Crocetta e a quelle del 2006 («ma lì fu una candidatura di testimonianza contro il cuffarismo»), è vero. Che Totò «Vasa vasa» veda in lui un fuoriclasse è da dubitare. «Ha ragione, siamo diversi: io sono nato e resto democristiano, lui fascista». Sospira che sì, sua moglie e i suoi figli «voteranno centrodestra» dunque (malvolentieri) anche per lui, e che «visto lo scenario è opportuno vinca». Che Musumeci gli abbia azzoppato come impresentabile il fratello Silvio Cuffaro («persona per bene che non c’entra niente coi miei errori») non gli è però andata giù. Men che meno che batta e ribatta sulla sua diversità da Cuffaro e i cuffariani: «Ma se è circondato da cuffariani!».
Tesi condivisa e ripetuta da tutti gli avversari. A partire dal grillino Giancarlo Cancelleri il quale, ammaccato ieri da nuove polemiche (ne parliamo altrove) accusa il candidato destrorso di essere sì «un uomo per bene» ma d’essersi prestato «a far la foglia di fico a una banda di impresentabili». Di più: «In tivù dalla Annunziata è arrivato a dire che certi nomi nelle liste li ha visti la prima volta solo leggendo i giornali. Non vorrei che, se fosse eletto, leggesse sui giornali anche la lista degli assessori. Perché lui è un pupo, ma il puparo è Gianfranco Micciché».
«Musumeci ha fatto come Faust un patto con Mefistofele, vendendogli l’anima per vincere: non posso credere che i siciliani lo votino, ormai il ballottaggio è tra me e il grillino», rincara Fabrizio Micari, il «candidato gentile» («pure troppo!», sbuffano i compagni), aspirante governatore dal Pd. «E non venga a dirci che non conosceva certi personaggi che corrono con il suo cartello elettorale», insiste Claudio Fava, la spina nel fianco dei renziani in nome dei bersaniani, «Gli ho dato io, come a tutti, le carte su Riccardo Pellegrino, il fratello di Gaetano detto ‘u funciutu, imputato di associazione mafiosa nel processo “Ippocampo” e candidato di Forza Italia a Catania. Uno che in un comizio si dice “orgoglioso” di essere amico dei Mazzei, un clan tra i più potenti della città, e che rimpiange in un’intercettazione i tempi di Nitto Santapaola dicendo che “se in campo ci fossero state persone di spessore, mafiosi come loro, tutto questo manicomio non c’era”».
«Vogliono spiegare a me cos’è la guerra alla mafia?», salta su Musumeci col pizzo candido che vibra di indignazione, «Sono il presidente dell’antimafia regionale. Eletto, lo ricordo, da tutti. Ho vissuto sette anni con l’auto blindata proprio perché i mafiosi sanno che io sono un loro nemico!» In ogni caso, giura, se c’è qualche nome impresentabile, non andrà lontano: «La squadra di governo la sceglierò io. Sono io il garante. E i miei elettori sanno che con me corrono trecento persone per bene».
«Mica tutti», ammicca Cancelleri. E scorre sull’iPhone qualche commento «degli elettori di destra sullo stesso sito di Nello. Ecco Vera Narzisi: “Mi ha delusa dottore. Peccato per lei e la sua famiglia onesta. Mi spiace che si sia fatto sommergere dalla cacca”». «Perché chi mi attacca non parla anche del sostegno che mi hanno portato persone come Sonia Alfano?», ribatte Musumeci, «Perché non dice che mi voteranno Flavia Famà, la figlia dell’avvocato ucciso da Cosa Nostra e altri ancora?»
Certo è che, uniti contro l’aspirante governatore di destra, le due sinistre e i grillini si randellano l’un l’altro su tutto il resto. E se Fabrizio Micari chiede di discutere di «infrastrutture, fondi Ue, strade statali, turismo, formazione» e accusa il «neo-dalemiamo» Claudio Fava di «tentare una prova muscolare contro il Pd che rischia di regalare la Sicilia a Grillo o alle destre», quello ribatte ricordando che il rettore irriso da molti con una battuta («Cu micari è?») ripresa l’altra sera da Marcello Sorgi, doveva dimettersi dalla carica prima della campagna elettorale e che comunque c’entra così poco con la sinistra che «un anno fa partecipò alla convention del movimento di Musumeci per partecipare poi anche alla Leopolda di Matteo Renzi». Preso a sua volta in giro da grillini, sinistrorsi e destrorsi per il più veloce blitz di tutti i tempi: un’oretta a Catania per Micari con «comizio» di cinque minuti. Come se già la Sicilia fosse persa e non avesse voglia di metterci la faccia: «Scusate, scappo: il tempo è tiranno...».
E se Fava non risparmia i grillini («Sono i peggiori: mesi di campagna elettorale senza mai nominare la parola mafia o fare il nome di Messina Denaro»), Cancelleri ne ha per tutti e garantisce che appena al governo («Musumeci ha rimontato? L’unica che conta è solo l’ultima rimonta e per noi tira aria buona») abolirà i vitalizi e dimezzerà gli stipendi. Mentre Rosario Crocetta, dopo aver fatto intendere che non sa se riuscirà a contenere i voti in fuga verso i grillini, riscopre l’antico avversario (reo d’aver detto che «Crocetta è stato il peggiore presidente di sempre») e gli rovescia addosso di tutto: «Lei, Musumeci, è a conoscenza che l’on. Genovese, suo grande sponsor e distruttore del sistema della formazione professionale in Sicilia, è stato condannato a otto anni di carcere per reati contro la pubblica amministrazione; è a conoscenza che i governi Cuffaro e Lombardo, suoi principali sponsor, hanno prodotto dal 2007 al 2012 la perdita di 14 punti di Pil e di 300mila posti di lavoro?».
E via così. Botte da orbi. Veleni. Intercettazioni. Rivelazioni infide. Una tensione irrespirabile. Con sfoghi di odio personale ed eterno che attraversano i partiti, le famiglie, gli schieramenti. E anticipano quella che rischia di essere la prossima campagna per le politiche. Intorno a mezzanotte, stremato dall’ennesima giornata da trottola in giro per una regione dalle strade devastate dall’incuria e sorretto solo dall’adrenalina, Nello Musumeci confida che, comunque vada, anche se è convinto d’aver la vittoria in tasca («non c’è partita») questa sarà la sua ultima campagna elettorale. «Poi mi ritirerò in un’altra campagna. Contadina. Niente galline, però. Le galline chiamano le volpi». Torna in mente Raffaele Lombardo: «Pure Cuffaro, come me, ha un pollaio. Così un giorno gli ho regalato un gallo. Un bellissimo gallo. Sa com’è finita? Che il mio gallo, il gallo di Totò l’ha fatto secco. Dice però che adesso le sue galline sono contente. Il mio gallo gli dà più soddisfazione. E fanno pure più uova». E sempre lì si finisce, in Sicilia. Tra i galli e le volpi...