Facebook, post russi letti da metà elettori Usa
L’audizione dei big tech al Congresso, 126 milioni di americani raggiunti online dalla propaganda di Mosca
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Ombre e, soprattutto, soldi russi su Facebook, Google e Twitter. Il Congresso ha chiamato a rapporto i tre big della rete con due giornate di audizioni, proprio mentre cominciano ad arrivare i risultati dell’inchiesta del Super procuratore Robert Mueller.
Ieri pomeriggio i rappresentanti legali delle tre società si sono presentati davanti alla Commissione Affari giudiziari del Senato; oggi siederanno davanti ai parlamentari delle Commissioni Intelligence delle due Camere. Le testimonianze partiranno dai rapporti già depositati a Capitol Hill. Il più clamoroso è probabilmente quello messo a punto da Colin Stretch, «general counsel» di Facebook. Circa 126 milioni di americani avrebbero letto «post» con contenuti aggressivi, divisivi, pubblicati da account collegati a russi, prima e dopo la campagna elettorale nel 2016. In un primo momento Facebook aveva stimato un’audience sempre consistente, ma molto più ridotta: 10 milioni di utenti. Una ricerca più approfondita ha stabilito che sono circa 80 mila i post pubblicati da entità russe, da gennaio 2015 all’agosto del 2017. È una frazione minima del traffico complessivo, lo 0,004% del totale, con un rapporto di uno su 23 mila contenuti. Ma tutto lascia pensare che le dimensioni possano crescere ancora. Inoltre vanno considerate le 3 mila inserzioni pubblicitarie, commissionate da 470 account riconducibili a entità collegate a Mosca. Il problema, come riconosce nella testimonianza scritta lo stesso Stretch, è che quegli 80 mila post sono stati immessi in rete da falsi account, violando i termini fissati da Facebook e avvelenando la discussione sui temi chiave della competizione elettorale. «Siamo determinati a fare tutto ciò che possiamo per far fronte a questa minaccia», commenta il manager di Facebook.
Nel settembre scorso, invece, Twitter aveva individuato 201 account di «guastatori russi»: ora sono già diventati 4.700, con un volume di circa 131 mila tweet. Google, invece, ha scoperto che inserzionisti collegati al Cremlino avrebbero speso 4.700 dollari di pubblicità elettorale direttamente negli Stati Uniti, mentre altri 53 mila dollari in spot politici americani sarebbero stati pagati nel territorio russo. Grandezze, comunque, da collocare nel contesto più ampio.
Oggi, mercoledì 1 novembre, è atteso il confronto più politico nelle commissioni Intelligence, impegnate in inchieste parallele sulle interferenze russe nelle elezioni americane. Il sito Politico nota, con una certa malizia, che diversi senatori di quegli stessi organismi hanno ricevuto finanziamenti dai big di Internet: in totale 1,6 milioni di dollari. Distribuiti in modo bipartisan.