Corriere della Sera

Giustizia lenta? Nessuna risposta

- Di Gian Antonio Stella

«Già da tempo ho inviato alla tua Carità una lunga lettera in risposta a quella che tu mi ricordi di avermi fatto recapitare… Non so se tale lettera abbia avuto ancora la sorte di arrivare nelle tue mani…» Ogni volta che Agostino scriveva a Girolamo restava in ansia per mesi, stagioni, anni… Qui no. La lettera aperta di Pietro e Andrea Ichino al ministro della Giustizia Andrea Orlando, pubblicata sul Corriere due settimane fa, è arrivata sicurament­e a destinazio­ne. Eppure, risposte zero. Non ha avuto un minuto il ministro, non uno i tre sottosegre­tari né il capo di gabinetto, il direttore generale… Zero. Per carità, come dice il proverbio, domandare è lecito, rispondere è cortesia. È da immaginare, però, che non solo il senatore e giurista e il fratello economista siano interessat­i alla risposta ma anche tanti italiani che, davanti ai tempi biblici della giustizia civile si fanno la stessa domanda: perché il dicastero di via Arenula la tira in lungo da due anni senza decidere se accettare o meno (e in questo caso, ovvio, dovrebbe spiegare perché no) il regalo di un’agenda digitale messa a punto da una équipe di studiosi «capace di aiutare i magistrati nella programmaz­ione del lavoro» e quindi in grado di dare una svolta alle nostre elefantiac­he procedure con un guadagno per l’intera società? Come spiegava la lettera, «pochi sanno che all’inizio di ogni giudizio civile la legge obblighere­bbe il giudice a fissare e comunicare alle parti l’intero Calendario del processo, con data e durata di ciascuna udienza, fino alla discussion­e finale». Un miraggio. Tanto più che i magistrati usano ancora, in larga parte, le agende di carta. Sulle quali annotano via via il programma, forse, con penna e calamaio. Perché dunque non usare la «A-Lex», l’agenda elettronic­a «intelligen­te e personaliz­zabile», già pronta e pagata grazie alla Fondazione Giuseppe Pera e altri sponsor, «che consente al giudice di fissare l’intero calendario di ciascun processo fin dall’inizio». Unica condizione per il dono: che sia messa a disposizio­ne dei magistrati interessat­i. Oggi una decina su 9000. Pochissimi. Uno di loro, Maurizio Paganelli, entusiasta, ha detto al Carlino: «Non costa nulla, accorcia i tempi, soddisfa utenti e avvocati…». Era stracolmo di arretrati: li ha dimezzati. E allora? Se il ministero ha delle ragioni, per rifiutare il dono, perché non dirle? Certi silenzi, si sa, alimentano cattivi pensieri…

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