Dakota Fanning: dubbi e speranze nel mio film sull’autismo
«Wendy è una persona piena di sfumature, una ragazza appassionata di Star Trek e della scrittura, capace di battersi e ribellarsi per superare le sue difficoltà e realizzare il suo sogno». Ovvero, diventare sceneggiatrice. «L’autismo è solo una parte di lei, non la definisce. Così come i tanti ragazzi che vivono questa condizione con cui ho parlato sono ognuno diverso dall’altro con i loro problemi, dubbi, trionfi».
Forte di oltre quindici anni di esperienza, Dakota Fanning è sempre attenta a non sovrapporre la vita alle storie che interpreta. Ma non prova neanche a nascondere la simpatia per la protagonista di Please Stand By di Ben Lewin che ha presentato ieri a Alice nella città. «Non un film sulla disabilità, ma su una ragazza».
Una tipa così determinata a farsi valere, soprattutto agli occhi della sorella maggiore, da scappare dalla casa famiglia a San Francisco dove vive sotto la guida dell’amorevole assistente (Toni Colette) direzione Los Angeles, verso gli studi della Paramount Pictures per consegnare di persona le 400 pagine della sua sceneggiatura per un concorso sulla saga di Star Trek. Un mondo che Wendy conosce benissimo, quello del capitano Kirk e del vulcaniano Spock. «A differenza mia — racconta l’attrice — che lo vedevo da bambina con mio nonno ma non sono mai stata una fan. Per lei l’universo di Star Trek diventa una chiave che le permette di superare i suoi problemi di interazione sociale con gli altri, una specie di traduttore simultaneo grazie a cui riesce a attraversare l’ignoto senza averne paura».
Dakota Fanning, 23 anni compiuti in febbraio, ha iniziato con la pubblicità da piccolissima. A otto anni il primo film importante, Mi chiamo Sam, era la figlia di Sean Penn. Non si è più fermata, la sorella Elle ha seguito le sue orme. «Ho sempre saputo che era un lavoro e non un gioco. Iniziare da bambina non mi ha destabilizzato, al contrario, ha arricchito la mia vita. E, quando non lavoro, mi godo la mia famiglia fantastica, e gli amici fuori e dentro l’ambiente».
Sta seguendo con partecipazione il caso Weinstein. «È importante che se ne parli per porre fine a questi comportamenti. Sono felice del supporto che le donne stanno ricevendo. È fondamentale che a Hollywood abbiano voce in capitolo, mi batto per l’uguaglianza salariale». Ama essere diretta da registe, dice. Tra poco capiterà con Kirsten Dunst, al suo debutto. «Ma il progetto è ancora in via di definizione».