Nei Giochi tristi
Le Olimpiadi invernali in Corea senza biglietti venduti. Le aspettative azzurre, da Goggia a Fontana
Nella Contea di Pyeongchang, profonda Corea del Sud nel mezzo del nulla (o quasi), ma a circa 80 chilometri dal confine con il turbolento Nord di Kim Jung-on, l’Italia degli sport invernali cercherà di capire se il suo filone aurifero esiste ancora o si è esaurito. Cento giorni ai XXIII Giochi bianchi, le preoccupazioni che accompagnano questa edizione piazzata, non si è ben capito perché, nell’Asia estrema, si sposano a una riflessione in chiave azzurra: se Giuliano Razzoli non si qualificasse nel quartetto dello slalom, nella missione non ci sarebbe più un olimpionico regnante. Sarebbe una novità da tempo immemore. Un segno di ricambio, ma anche la conferma di un momento delicato che ha avuto aspetti beffardi, come le 8 medaglie di legno rimediate nel 2014 a Sochi. Le aspettative del Coni sono legate alla qualità più che alla quantità: prioritario, rispetto al numero delle medaglie — che però non deve scendere sotto un minimo sindacale —, è ritrovare l’oro perduto.
Gli otto podi minori di Sochi (2 argenti e 6 bronzi) furono anche il risultato di colpi di sfortuna. Ma ora si cerca la conversione eccellente, puntando prima di tutto sullo sci: Dominik Paris, Peter Fill e Christof Innerhofer (uomo-salvezza in Russia) guidano i velocisti, le prove tecniche guardano sempre a Moelgg e Gross, mentre sul fronte femminile la polivalenza della Goggia è il riferimento di una squadra che aspetta pure la Brignone e la Bassino. Quali i possibili altri punti del tesoro sulla mappa coreana? Scommettiamo sulla portabandiera Arianna Fontana nello short track e sull’eterna Carolina Kostner nel pattinaggio. Il fondo vota la team sprint Pellegrino-Noeckler, detto che il primo, nella prova individuale, ha meno chance perché sarà disputata a tecnica classica. Poi ci sono l’universo dello snowboard, il biathlon con la staffetta mista che spera in un upgrade del bronzo di Sochi; le ragazze del salto, trainate dall’iridata juniores Manuela Malsinier; Dominick Fischnaller che nello slittino ha vinto il test pre-olimpico; infine il debuttante Big Air, il freestyle estremo che Silvia Bertagna sa interpretare bene.
Magari conterà, sul risultato, anche il feeling con i luoghi olimpici, in quel territorio che si snoderà in orizzontale tra lo Snowpark e la costa (lì ci saranno gli impianti del ghiaccio), avendo a metà strada, nel bacino dell’Alpensia Resort, lo stadio olimpico a forma pentagonale e, filosoficamente, il baricentro di tutto: per la prima volta, infatti, il cuore dei Giochi sarà in montagna. Su questi posti sconosciuti al grande pubblico si è già romanzato. La buona notizia è che gli impianti sono pronti e testati e che il sistema dei trasporti è a punto. Quella brutta è che su luoghi non affascinanti si innesta un’operazione che ha già il fiato corto. Il budget è risicato, i soldi sono finiti (anche a causa del bagno di sangue degli zero biglietti venduti fin qui all’estero) e non ci saranno né possibilità né sforzi per migliorare la qualità del contorno. In più la squadra di lavoro del comitato organizzatore è basata su dipendenti pubblici «deportati» da Seul. La loro motivazione pare stia a zero: questi si profilano come i primi Giochi che non avranno gioia, colore, emozioni. Solo le gare, si spera, potranno metterci una pezza.