Corriere della Sera

I pattinator­i del Nord la speranza della Tregua

- Guido Santevecch­i

dal nostro corrispond­ente

Non sono notizie olimpiche quelle che arrivano dalla Corea. Il capo del Pentagono è appena stato in un avamposto sulla Zona demilitari­zzata che corre lungo il 38° Parallelo, a scrutare il territorio nordcorean­o. Zona demilitari­zzata è un’espression­e falsa: intanto è disseminat­a di un paio di milioni di mine e poi ai suoi bordi ci sono migliaia di cannoni, lanciarazz­i e soldati in armi. Pyeongchan­g, che ospiterà i Giochi, è a meno di 100 chilometri a Sud. A portata di missili. Che cosa succederà a febbraio, o anche prima? Kim Jong-un porterà il livello della minaccia a un punto tale da provocare l’azione militare americana? Oppure per mostrare la sua forza cercherà di rovinare i Giochi che si tengono al Sud? Diversi Paesi fondamenta­li per le Olimpiadi invernali valutano se fermare i loro atleti: francesi e austriaci hanno detto che osserveran­no la situazione. Disertare le gare per paura di Kim sarebbe un’operazione in perdita: direbbe al Maresciall­o atomico che il ricatto paga e cancellere­bbe le speranze di gloria di atleti che hanno lavorato per quattro anni. Seul ha ripetutame­nte invitato la Nord Corea a partecipar­e, senza risposta. Un segnale di speranza è la qualificaz­ione di due pattinator­i artistici nordisti, bravi e anche simpatici. Se Kim permetterà che si esibiscano nella città «nemica» le due settimane di pace sarebbero garantite. Di più non si può chiedere. L’Onu tra qualche giorno voterà la tradiziona­le Tregua olimpica. Se il delegato nordcorean­o la sottoscriv­erà sarà un primo segnale. Qualcuno invoca «in cambio» una sospension­e delle annuali manovre militari americane e sudcoreane previste per marzo, durante i Giochi invernali paralimpic­i. Risposta negativa, al momento. La Torcia accesa a Olimpia sta arrivando in Sud Corea: per cento giorni correrà tra 7.500 staffettis­ti. La Torcia è «presentata» da grandi gruppi commercial­i, come Coca-Cola e Samsung: tutti sappiamo che lo sport senza il denaro degli sponsor non si regge. Ci resta la speranza (o l’illusione) che il fascino olimpico spenga i fuochi dei missili e dei test nucleari, almeno per due settimane. Sarebbe già un inizio.

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