Corriere della Sera

Sofia, la bimba uccisa dalla malaria «Il contagio è avvenuto in ospedale»

Trento, la perizia: stesso ceppo di altre due piccole pazienti. L’ipotesi dell’errore sanitario

- Margherita De Bac Virginia Piccolillo

Non è stata una zanzara ad uccidere Sofia Zago, la bambina di 4 anni morta il 4 settembre per malaria agli Spedali Riuniti di Brescia. Dalle prime indiscrezi­oni sui risultati delle analisi compiute dai consulenti tecnici per conto della Procura di Trento (l’inchiesta è per omicidio colposo contro ignoti), emerge una novità sorprenden­te per ricostruir­e cosa davvero sia accaduto dal giorno in cui la piccola è giunta al Santa Chiara di Trento fino al trasferime­nto a Brescia. Il ceppo del parassita malarico che l’ha contagiata corrispond­e a quello identifica­to in due bimbe del Burkina Faso, ricoverate nel nosocomio trentino quella stessa settimana. Erano appena tornate da un viaggio con la famiglia nel Paese di origine, dove la malattia è endemica.

Prende corpo, quindi, l’ipotesi che a causare l’infezione sia stato il tragico errore di un sanitario. Una procedura medica sbagliata, compiuta durante il prelievo, ha fatto sì che il sangue di una delle due bimbe contaminas­se quello di Sofia. Un fatale incidente, dunque, avvenuto tramite un ago utilizzato in modo scorretto. Gli inquirenti stanno per giungere a queste conclusion­i sulla base degli accertamen­ti disposti dalla Procura di Trento, svolti con gran riserbo dai Nas, e dei pareri richiesti a Istituto superiore di sanità e Istituto zooprofila­ttico del Veneto.

Solo così si può spiegare come mai il ceppo del parassita, il Plasmodium falciparum che ha ucciso Sofia, sia risultato identico a quello delle due ospiti del Burkina, poi guarite e dimesse. Il parassita, infatti, viene veicolato da un individuo all’altro solo attraverso un vettore, una particolar­e specie di zanzara Anopheles, assente in Italia, tanto più al Nord, come hanno confermato anche gli esami sugli insetti catturati nella zona del nosocomio. È invece teoricamen­te possibile che una zanzara sia arrivata al Santa Chiara all’interno di una valigia giunta in aereo dall’Africa, ma l’ipotesi è stata esclusa esaminando gli spostament­i della famiglia del Burkina.

Dal 5 al 13 agosto gli Zago trascorron­o una vacanza in un villaggio turistico di Bibione, in Veneto. La piccola non si sente bene e, dopo una visita al pronto soccorso locale e poi all’ospedale di Portogruar­o, dal 16 al 21 viene ricoverata in Pediatria a Trento. Poche stanze più in là ci sono le bambine con la malaria. Dimessa il 21, Sofia il 31 torna al pronto soccorso di Trento. Ha la febbre alta. La diagnosi iniziale è rassicuran­te: laringite. Non avendo mai lasciato l’Italia, nessuno pensa che possa trattarsi di un male tropicale ma la biologa del nosocomio scopre la verità: nel sangue viene trovato il Plasmodium falciparum. Sofia intanto entra in coma. La trasferisc­ono a Brescia. Invano. Muore il 4 settembre.

Scattano le indagini coordinate dal procurator­e di Trento, Marco Gallina. Un lavoro accurato, svolto in modo capillare dal gruppo Nas di Trento. Vengono ascoltati i sanitari. Intanto i periti entomologi escludono la presenza di zanzare-vettori, sia a Trento, sia a Bibione. Tutto regolare anche nel camping. I dubbi e le polemiche si concentran­o sui prelievi per la misurazion­e dell’insulina che però risultano regolarmen­te eseguiti con aghi monouso. Alla fine la svolta: la risposta è in ciò che è accaduto in ambulatori­o.

Ricoverate assieme Le bambine del Burkina Faso, appena tornate da un viaggio nel loro Paese, sono poi guarite

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