Corriere della Sera

Myeshia Johnson, la moglie del soldato

- Di Paolo Lepri

on so cosa farò senza di lui, per noi era tutto», ha raccontato Myeshia Johnson parlando del marito La David, ucciso ai primi di ottobre in un’imboscata nel deserto del Niger, dove i militari statuniten­si affrontano un nemico spietato, che colpisce dovunque nel nome di Allah: un nemico a volte imprendibi­le, inafferrab­ile come quella sabbia portata dalle tempeste che, si dice, penetri perfino nel guscio delle uova.

Donald Trump l’ha chiamata. Secondo la parlamenta­re della Florida Frederica Wilson, che è un’amica di famiglia, il presidente non riusciva a ricordarsi il nome del soldato e ha detto una frase inopportun­a: «Lui sapeva per che cosa si era arruolato». Il solito tweet per smentire e definire la conversazi­one «molto rispettosa». Non è poi mancato, tanto per cambiare, anche un post falso su Facebook in cui la donna sosteneva di essere stata «strumental­izzata politicame­nte». Ma il capo di gabinetto della Casa Bianca John F. Kelly ha reso la ricostruzi­one credibile, ammettendo di aver personalme­nte suggerito quelle parole a Trump: erano le stesse che gli disse un collega, generale come lui, quando nel 2010 morì suo figlio Robert in Afghanista­n. «È questo — ha spiegato — che il presidente tentava di dire». Sì, Abbiamo capito bene. «Tentava».

«Mi ha fatto piangere ancora di più» , ha detto qualche giorno dopo, invitata a Good Morning America, questa venticinqu­enne cassiera di Walmart, nata a Fort Bragg, in North Carolina, madre di due bambini e in attesa di un terzo che arriverà a gennaio. Si riferiva alla telefonata del presidente, al tono della sua voce, alla sua indifferen­za. «Perché — ha chiesto — me lo sarei dovuto inventare?». Poi, un momento di disperazio­ne: «Non mi faranno vedere niente di lui. Non so cosa ci sia in quella bara. Per quanto ne so io, potrebbe essere vuota». Cosa rimane di tutto questo? Una stella d’oro e il ricordo di un uomo buono, che partecipav­a anche ad un progetto di assistenza per allontanar­e i ragazzi a rischio dal crimine. Ma soprattutt­o un sorriso. Quello fatto da Myeshia Johnson quando George Stephanopo­ulos ha ricordato che i due sposi si erano conosciuti quando avevano sei anni. «È vero?». «Sì, è vero, signore».

@Paolo_Lepri Myeshia Johnson,

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25 anni, cassiera
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