La Brexit per legge May fissa l’ora X
La premier britannica blinda la data in Parlamento. Ultimatum da Bruxelles: a rischio il futuro dei negoziati
La premier May vuole blindare in una legge l’ora dell’uscita dall’Ue. Ma a Londra cresce la fronda anti Brexit. E Bruxelles: chiarezza, o negoziati a rischio.
LONDRA La Brexit sembra tornata in bilico. Tanto che Theresa May, per evitare imboscate, annuncia che metterà la data di uscita dall’Unione europea nero su bianco nel testo di legge in discussione sul ritiro dall’Ue: il 29 marzo del 2019, per la precisione alle undici di sera, la mezzanotte in Europa.
La scadenza era già nota. Londra ha consegnato a Bruxelles il 29 marzo scorso la lettera in cui invocava l’Articolo 50 dei Trattati comunitari, quello che regola la procedura di uscita dalla Ue di uno Stato membro: e i Trattati prevedono un tempo massimo di due anni per portare a termine la trattativa. Dunque a marzo 2019 la Gran Bretagna si troverà automaticamente fuori dall’Unione.
Ma a Londra da qualche tempo ha cominciato a crescere di intensità il coro di quelli che pensano che sarebbe opportuno fare marcia indietro: soprattutto di fronte all’evidente danno che la Brexit procurerà all’economia britannica. E queste voci sono state amplificate dalla debolezza del governo May, che sembra essere ogni giorno sul punto di crollare come un castello di carte.
Ecco allora che la premier lancia una specie di polizza di assicurazione sulla Brexit: «Che nessuno dubiti della nostra determinazione o metta in questione la nostra risolutezza: la Brexit sta avvenendo», ha scritto ieri sul Daily Telegraph, annunciando che a pagina uno della legge sull’uscita dalla Ue ci saranno la data e l’ora dell’evento.
Il testo del provvedimento è gia passato in seconda lettura nell’aula di Westminster e ora sarà sottoposto al vaglio delle commissioni, dove potrebbe scatenarsi una corsa agli emendamenti da parte dei deputati filo-europei: per questo la May ha ammonito che «non tollereremo tentativi da nessuna parte di usare questo processo per provare a bloccare la volontà democratica del popolo britannico, cercando di rallentare o fermare la nostra partenza dall’Unione europea».
Ma le difficoltà non stanno soltanto a Londra. Ieri a Bruxelles si è conclusa la sesta tornata di colloqui sulla Brexit e il capo negoziatore europeo, Michel Barnier, ha lanciato un secco ultimatum: se entro due settimane Londra non specificherà la sua offerta riguardo al «conto del divorzio», a dicembre non sarà possibile avviare la fase due della trattativa: quella sul futuro rapporto tra Gran Bretagna e Unione europea. E a quel puntosi farebbe concreta la prospettiva di una Brexit catastrofica, senza nessun accordo-cuscinetto.