Preferenze, solo un elettore su due dei 5 Stelle le usa
L’analisi delle Regionali in Sicilia: le scelte di chi vota Pd o FI premiano di più i candidati uomini
Un milanese o un torinese a cui capiti di passare qualche giorno in Sicilia durante una campagna elettorale facilmente rimarrà colpito dalla frequenza con cui si assiste a una situazione che al Nord è meno visibile: sull’autobus o al ristorante, sarà frequente imbattersi in persone che, a un amico o a uno sconosciuto, distribuiscono «santini» che invitano a votare per questo o quel candidato.
Nelle regioni del Sud, come è noto, il voto di preferenza è storicamente molto più utilizzato che al Nord e in Sicilia ha una diffusione particolarmente capillare. E, anche tralasciando i riflettori della cronaca accesi sulle indagini nei confronti di alcuni «campioni delle preferenze» eletti domenica, il voto di preferenza resta una delle chiavi di lettura più rilevanti del voto siciliano.
Ci limitiamo, in questa analisi, ai punti essenziali. Anzitutto, l’entità del voto di preferenza. In Sicilia la larga maggioranza dei votanti vi fa ricorso. Considerando l’intero spettro politico, lo utilizza il 78% di chi esprime un voto di lista. Gli elettori di Pd e Forza Italia vi fanno ricorso ancor di più (il Pd raggiunge il picco dell’87%). Con la lista Musumeci presidente, comprendente l’Udc, arriviamo al 91,5%: quasi tutti, votando questa lista, hanno indicato anche il nome di un candidato.
Il dato sorprendente è che il Movimento 5 Stelle riesce ad accrescere i propri consensi pur distaccandosi da questo modello di raccolta dei consensi: il suo tasso di preferenza, anche se in costante crescita, rimane infatti molto più basso (58%). La debolezza nell’attrarre voti di preferenza dei suoi candidati, tutti neofiti (o quasi) della politica, contribuisce a spiegare il forte scarto che si è registrato tra il voto a Cancelleri e il voto alla lista M5S (circa 8 punti): in molti si identificano nel simbolo, nel progetto (o nella protesta) del M5S ma poi sfruttano la possibilità del voto disgiunto attribuendo un voto (personale) anche a una lista diversa.
Un altro aspetto distingue il M5S: è il partito dalle preferenze meno «maschiliste». Le donne sono il 42% dei suoi candidati e ottengono il 40% delle sue preferenze. Il rapporto tra le due percentuali è pari a 0,95, molto vicino a 1, cioè alla perfetta parità tra i due sessi nell’attrarre voti di preferenza. Per FI (0,33) e Pd (0,23) il rapporto è invece molto lontano da 1: le loro preferenze sono molto sbilanciate in senso «maschilista».
*Istituto Cattaneo