Russiagate, consigli e richieste di favori I tweet segreti tra WikiLeaks e Trump jr
E il ministro della Giustizia Sessions «non ricorda» i colloqui con un ex consigliere legato a Mosca
Il figlio del presidente, Donald Trump jr, oltre a incontrare durante la campagna elettorale emissari russi che promettevano documenti compromettenti contro Hillary Clinton, ha dialogato con WikiLeaks che suggeriva mosse politiche di rottura qualora il tycoon non fosse stato eletto: un Assange più suggeritore politico occulto che campione della trasparenza informativa. Intanto il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, sempre più schiacciato tra un presidente che gli ingiunge via Twitter di perseguire Clinton e un Congresso che lo incalza, è costretto ad ammettere di aver reso testimonianze parziali, se non reticenti. Aveva escluso di essere a conoscenza di contatti della campagna di Trump con emissari russi, ma ora che George Papadopoulos, un ex consigliere di The Donald, ha confessato di aver tessuto rapporti a Mosca e di avergli proposto un incontro Trump-Putin prima del voto, Sessions conferma e dice che aveva dimenticato in una nuova, imbarazzante testimonianza alla Commissione giustizia della Camera. Il ministro nega di aver mentito nelle testimonianze precedenti: non ricordava e non ricorda tuttora bene il caso. Ma la memoria si fa all’improvviso nitida quando Sessions afferma di essersi opposto con fermezza alla proposta di organizzare un incontro TrumpPutin.
Non privo di elementi surreali fin dall’inizio, il Russiagate si sta trasformando in un dramma messo in scena su più palcoscenici. Oltre all’inchiesta del procuratore Mueller, il curioso ruolo di WikiLeaks che, non solo ha fatto più o meno consapevolmente il gioco dei russi, diffondendo i documenti da loro trafugati, ma suggeriva a Trump (per interposto figlio) mosse politiche e chiedeva favori: «Se non viene eletto non deve concedere la vittoria all’avversario», meglio lo scontro; «dateci le dichiarazioni dei redditi : fa meno danni se esce da noi rispetto al New York Times»; «Trump proponga Assange come ambasciatore australiano negli Usa: non succederà, ma forse finiranno le persecuzioni giudiziarie». Un altro palcoscenico lo ha inaugurato Sessions chiedendo al suo ministero di indagare su Hillary Clinton, in particolare per il caso della vendita di uranio alla Russia avallato da nove agenzie Usa. Per ora un’indagine preliminare per stabilire se ci siano elementi che giustifichino l’apertura di un’inchiesta vera e propria. Che fa discutere non solo per le pressioni di Trump, ma anche perché l’operazione (la cessione ai russi di una società canadese che estrae negli Usa una piccola parte del suo uranio) al Dipartimento di Stato è stata avallata da funzionari senza prove di un coinvolgimento diretto di Hillary. Ma le donazioni alla Fondazione Clinton di soggetti coinvolti nell’affare giustificano alcuni sospetti.
Delegittimato dal suo presidente, trattato dal Congresso quasi come un imputato, Sessions potrebbe, a sorpresa, lasciare l’incarico per cercare di riconquistare il suo seggio senatoriale alle elezioni suppletive di dicembre. Le primarie repubblicane le ha vinte l’impresentabile Roy Moore. Il candidato radicale con venature razziste ora è accusato da diverse donne di averle molestate da minorenni. Ieri Sessions ha detto: «Non ho motivo di non credere alle loro testimonianze».