Veneto Banca, il pm archivia l’esposto «Consob su Consob»
(l. fer.) Una tempistica di vendita solo fortunata, appannata da una pecca deontologica ma «senza profili di rilevanza penale». La Procura di Milano ha archiviato a «modello 45», cioè nel «registro degli atti non costituenti notizie reato» (la cui archiviazione dunque non passerà al controllo del gip) l’esposto che non la Consob come istituzione, ma uno dei 4 commissari Consob a titolo personale, il magistrato Giuseppe Maria Berruti (foto), senza che si fosse mai saputo aveva argomentato all’ufficio del procuratore Francesco Greco 4 mesi fa: l’esposto in cui, lamentando di non riuscire ad avere lumi, chiedeva ai pm di verificare la vendita nel 2014 (emersa in una ispezione Consob del 2015 e segnalata da Milena Gabanelli sul «Corriere» nel 2016) di azioni di «Veneto Banca» da parte di Paola Deriu, dal 2013 responsabile in Consob della «Vigilanza operatività mercati a pronti e derivati». La funzionaria Consob, che nel 2006 aveva comprato 585 azioni a 32,30 euro, riuscì a disfarsene a 39,50 euro il 31 ottobre 2014: dopo l’ispezione di Bankitalia del 2013, e prima del crollo del titolo a 7,30 euro nel 2015 e a 0,10 centesimi nel 2016. Le poche righe di archiviazione, senza indagati, accennano all’inopportunità deontologica che la dirigente Consob, dopo la richiesta di vendere l’8 maggio 2014, il 26 giugno avesse sollecitato la banca utilizzando la propria intestazione istituzionale in Consob. Per il resto, molto paiono aver contato le risposte ai pm della Consob. Viene cioè stimata come non privilegiata una vendita soddisfatta a 6 mesi dalla richiesta; la causale indicata dalla cliente, motivi personali urgenti, corrisponde a un suo problema di salute all’epoca; i 39,50 euro erano il prezzo già fissato dalla banca per l’annualità 2014; e il fatto che allarmi sulla crisi dell’istituto risalissero già a novembre 2013 rende, ad avviso della Consob, «improbabile» che la funzionaria abbia sfruttato «informazioni dell’amministrazione». Resta il contrasto tra quanto risulta scritto nella pratica della banca («transazione tra conoscenti») e la realtà, e cioè che fu invece la banca a trovare i due acquirenti delle azioni che la dirigente Consob voleva vendere: ma su questo la Procura sembra ravvisare sia accaduto anche in altri casi.
Icr cresce con i profumi di Lodi
(d. pol.) È atteso anche il presidente del consiglio Paolo Gentiloni domani a Lodi, storico distretto della cosmetica, per il taglio del nastro della nuova area produttiva della Icr. Già, perché dietro all’insegna Industrie cosmetiche riunite c’è un pezzo rilevante dell’industria del lusso nazionale. Dal polo lombardo fondato trent’anni fa dall’imprenditore Roberto Martone escono infatti i profumi di Bulgari, Ferragamo, Trussardi, Blumarine e molti altri. Una scuderia che vale i due terzi delle produzioni italiane di fragranze di fascia alta con 90 milioni di pezzi all’anno, venduti per il 90% all’estero. Lì Martone ha appena investito 13 milioni per ampliare il centro produttivo aggiungendo agli oltre 42 mila metri quadrati del centro produttivo altri 10 mila metri, dove sono state allestite linee più digitalizzate che spianano la strada verso l’Industria 4.0. Adesso l’obiettivo di Icr (62 milioni i ricavi) è assicurarsi nuovi clienti tra le griffe, molte delle quali affidano i loro profumi alle multinazionali che producono all’estero.