RIDURRE IL NUMERO DI FIRME PER PRESENTARE LE LISTE
Caro presidente del Consiglio, la recente approvazione della nuova legge elettorale, nell’imminenza della scadenza della legislatura, introduce norme irragionevolmente punitive e discriminatorie nei confronti delle formazioni politiche che non fanno riferimento a gruppi parlamentari già costituiti nelle due Camere e che non usufruiscono dunque dell’esenzione dalla raccolta firme per presentare le candidature al Parlamento. La previsione di un numero elevatissim o d i firme per la presentazione di liste e candidati richiesta soltanto ai gruppi e movimenti politici non già rappresentati nelle due Camere si configura come una disposizione volta a impedire nei fatti il concreto esercizio del diritto di tutti i cittadini — tutelato dall’art. 49 della nostra Costituzione — di associarsi liberamente e di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale e del diritto di elettorato passivo previsto dall’articolo 51 della Carta.
Inoltre, i tempi e le modalità di raccolta, autenticazione e certificazione — a cavallo delle ferie natalizie e con clima avverso in gran parte d’Italia — rappresentano un’insormontabile barriera all’accesso alla partecipazione democratica. Prima di inizio dicembre non saranno determinati i collegi uninominali e plurinominali, dunque sarà impossibile avviare la raccolta delle sottoscrizioni. Se si votasse, come ipotizzato, all’inizio di marzo, le candidature dovrebbero essere presentate entro fine gennaio e dunque la raccolta delle firme dovrebbe concludersi, nell’ipotesi migliore, in meno di 50 giorni, malgrado l’articolo 14 della legge n. 53 del 1990 assicuri in teoria alle forze politiche la possibilità di anticipare le sottoscrizioni fino a sei mesi prima della data di presentazione delle candidature. Anche se le elezioni si tenessero poco dopo inizio marzo, i tempi a disposizione delle forze politiche rimarrebbero troppo ristretti, visto il cambiamento profondo del sistema elettorale.
Inoltre, la mancata modernizzazione del sistema di raccolta firme (dall’apertura di un canale telematico alla semplificazione delle procedure di autenticazione) rende ostruzionistica una normativa che dovrebbe invece rendere trasparente, non inaccessibile, la competizione per forze sprovviste di molti fondi o di reti preesistenti sul territorio. Per rimediare almeno in parte ai problemi riassunti, le chiediamo di adottare, in presenza di una palese, straordinaria necessità e urgenza di ripristinare la possibilità di esercitare effettivamente il diritto di
Candidature Sono state introdotte norme punitive per le formazioni politiche non presenti in Parlamento
elettorato passivo da parte dei cittadini e delle forze politiche non già presenti nel Parlamento, un decreto analogo a quello adottato al termine della scorsa legislatura.
Il decreto 18 dicembre 2012, n. 223, in previsione del voto anticipato, stabilì che venissero ridotte le firme per presentare liste “qualora lo scioglimento della Camera (...) e del Senato (...) anticipi di oltre 30 giorni la scadenza naturale della legislatura”. In sede di conversione in legge, la riduzione del 50% venne portata al 75% e le firme necessarie per la Camera passarono da circa 120 mila a circa 30 mila.Anche oggi si tratterebbe dunque di eseguire un dimezzamento del dimezzamento già stabilito da una disposizione transitoria della legge n. 165 del 2017, e il numero di firme per presentare liste alla Camera sarebbe analogo a quello del 2013 (circa 25 mila oggi, circa 30 mila nel 2013), ma reso più complicato da raggiungere, poiché la nuova legge elettorale impone una raccolta più complessa, in una settantina di collegi plurinominali anziché in 26 circoscrizioni.
Procedure gravose come quelle in vigore adesso non hanno eguali nelle democrazie euro-occidentali. Il provvedimento che suggeriamo non sarebbe particolaristico: servirebbe a salvaguardare il diritto di elettorato di tutti gli italiani. Dovrebbe inoltre avviare davvero la sperimentazione della raccolta di firme digitali, già dal 2018, accelerando l’adozione del decreto del ministro dell’Interno previsto della legge 165 del 2017, e attuare l’impegno assunto dal governo sul voto degli studenti e lavoratori fuori sede nel luogo del proprio domicilio, adottando una procedura già indicata per italiani temporaneamente all’estero dalla legge 52 del 2015. Si tratta di misure generali, atte a garantire il diritto di elettorato attivo e ad ampliare la partecipazione democratica dei cittadini.
*Radicali italiani