Dalla Grande guerra ai miti Panoramica sul secolo breve
Le Moli: «Riscopriamo capolavori oggi dimenticati»
Il centenario della Rivoluzione d’Ottobre ha riacceso i riflettori sul primo ventennio del ’900, periodo inquieto e tragico segnato dalla guerra, ma anche estremamente vitale e creativo, nel quale si espressero con forza tutte le contraddizioni dell’arte in piena trasformazione, pittura e letteratura, ma anche musica, teatro, opera, poesia e cinema.
Ed è proprio questa complessità culturale che intende indagare il Reggio Parma Festival 2017 che, dal 29 novembre al 10 dicembre, offre un fitto programma di spettacoli spalmati sulle diverse sedi della manifestazione, il Teatro Regio e il Teatro Due di Parma, e i teatri Cavallerizza, Ariosto e Municipale Valli di Reggio Emilia. Il tema è «Il mondo di ieri fra Dio e il Diavolo», di fatto la tradizione e la conservazione che entrano in collisione con la carica destabilizzante della Rivoluzione e quella distruttiva della Grande guerra. «Il Festival cerca di restituire al pubblico le suggestioni di un’epoca caratterizzata da una parte dalla fine quasi contemporanea degli Asburgo, degli Zar e dell’Impero Ottomano, dall’altra dalla novità politica delle masse che entrano nella storia delle varie nazioni — dice Walter Le Moli, regista di Jedermann - Il dramma della morte del ricco di Hugo von Hofmannstahl, in cartellone fin dalla sua fondazione al Festival di Salisburgo, ma mai rappresentato in Italia —. È una specie di operazione culturale contro l’oblio, perché i movimenti sismici di questi cambiamenti arrivano ancora fino a noi, come dimostrano la Guerra dei Balcani o il dramma siriano».
Il Teatro Regio di Parma ragiona su uno dei
Operazione contro l’oblio «Questi cambiamenti arrivano fino a noi, come dimostrano la Guerra dei Balcani o il dramma siriano»
miti fondanti dell’età moderna, il faustiano Pactum Diaboli, la vendita dell’anima in cambio dei servigi del demonio: in scena «Faust, eterna scommessa», con alcune delle più belle pagine musicali dedicate a Faust; L’uomo senza ombra, dedicato a bambini e famiglie, e la suite stravinskijana Histoire du soldat.
Sempre a Parma, al Teatro Due, prende forma la Notte bianca dei Soviet: si comincia con La signorina e il teppista, unico film sopravvissuto di Majakovskij e, a seguire, il pastiche teatrale I Poeti sulle mine, l’installazione «La stanza della Rivoluzione», racconto della rivoluzione bolscevica con le parole di John Reed, il concerto del Trio Kanon con musiche d’epoca, Les adieux! Parole
salvate dalle fiamme, incontro di voci recitanti, musica e video; infine la già citata rappresentazione sacra Jedermann, in prima assoluta per l’Italia, nella versione tradotta nel ’46 da don Giuseppe Zamboni.
I Teatri di Reggio Emilia scelgono la prospettiva della «Rivoluzione delle donne», da quattro punti di vista: «Il meraviglioso ordinario», ovvero la vita autentica che irrompe sul palcoscenico mettendo in crisi la finzione; «La Rivoluzione delle donne», dialogo tra Serena Dandini, Lella Costa e Michela Murgia; «La Traviata. L’intelligenza del cuore», rilettura di Lella Costa dell’opera verdiana, tra teatro e lirica; per chiudere il Faust di Charles Gounod, messo in scena nel bicentenario della nascita del compositore francese dal collettivo Anagoor.
Un Festival che ha tutta l’aria di porsi un obiettivo ambizioso: «Quelle opere erano commissionate da aristocratici, ricchi collezionisti, gallerie d’arte, una committenza colta formatasi prima della Rivoluzione e che chiedeva agli artisti produzioni di altissimo livello — ricorda Le Moli —. Oggi vogliamo aiutare il pubblico a riscoprire questi capolavori dimenticati e le opere che hanno ispirato».