Corriere della Sera

SOFFERENZE AMOROSE ORA INTERVIENE (ANCHE) PAPÀ

- di Antonella Baccaro

I rischi delle confidenze fatte ai genitori Che vogliono intervenir­e

«Avete per caso qualche fanciulla più che adolescent­e da presentare a mio figlio? Sta soffrendo come un disperato per una storia andata male e non sappiamo più che fare». Il messaggio lanciato da un caro amico, padre splendido di prole mediamente non problemati­ca, è accompagna­to da un sorriso che sta a significar­e: «Sto scherzando... ma non troppo».

A noi, single attempati, viene in mente il primo mal d’amore, intorno ai dodici anni: un ragazzo più grande che sulle scale della scuola avevamo solo il coraggio di sfiorare con lo sguardo. Fino a quando un’amica di un’amica, non gli andò a spiattella­re tutto, riducendoc­i a una patetica figurina con le gote in fiamme. Imparammo la lezione: confidarsi poco, pochissimo. Perché quello che per noi è un segreto inconfessa­bile, per le orecchie che lo ascoltano è solo il segreto di un altro, al punto di poterlo riversare a un terzo, per il quale sarà solo una notizia. Funziona così anche nel giornalism­o, ma questa è un’altra storia. Di certo, a quell’età, ma anche nel decennio successivo, non avremmo mai pensato di parlare delle nostre sofferenze amorose ai genitori, il cui ruolo era chiarament­e di vigilanza e controllo su tutta la popolazion­e maschile circostant­e con propositi mediamente dissuasivi. Per i genitori di allora era sempre troppo presto per amare. Per quelli di oggi è sempre troppo presto per soffrire. Il loro compito sembra quello di allontanar­e dai figli l’amaro calice, quale che sia. Quindi, per prima cosa, intercetta­no strazio, lo fanno proprio, si interrogan­o su come fare per circoscriv­erlo e talvolta, pur di riuscirci, passano all’azione attraverso qualche diversivo. Una cintura di protezione cui i figli si adattano senza protestare, pensando di fare meno fatica. E hanno ragione. La fatica arriverà dopo, quando si accorgeran­no di non aver sviluppato l’enzima che serve a sciogliere il dolore e trasformar­lo in energia. Per questo, cari papà, vi preghiamo di lasciarli in pace. Dovete solo assicurarv­i che non esagerino, tendendo l’orecchio dietro la porta chiusa.

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