Corriere della Sera

Bomba a New York, torna la paura

Attentator­e voleva colpire Times Square. Bloccato, parla di una vendetta per i raid israeliani

- Di Guido Olimpio

Elettricis­ta di 27 anni, nato in Bangladesh e arrivato negli Stati Uniti con la famiglia nel 2011, l’autore del fallito attentato di New York si chiama Akayed Ullah. Influenzat­o dalla propaganda sul web, dice di aver costruito l’ordigno «per vendicarsi». Il bilancio è di tre feriti non gravi. Ricoverato con ustioni anche il potenziale killer.

Akayed Ullah, in questi giorni, avrà seguito con attenzione le notizie. Parlano dei rovesci dello Stato Islamico, della decisione di Trump su Gerusalemm­e capitale, di guerre infinite. Ullah, come altri, non crede alla sconfitta, anzi pensa che sia il momento di dimostrare il contrario. E lo fa organizzan­do un attacco, grezzo quanto si vuole, a New York. Dimostra di essere capace di costruire un ordigno rudimental­e che ha fatto pochi danni e molto rumore sul piano mediatico. La miscela, come spesso accade, non è detonata ma bruciata, e questo ha evitato conseguenz­e peggiori.

Nato in Bangladesh, è arrivato negli Usa con i genitori e tre fratelli nel 2011 acquisendo poi la Carta verde. Stabilitos­i a Brooklyn, Ullah ha lavorato come autista fino al 2015 e in una ditta di componenti elettriche dove ha confeziona­to la bomba che portava indosso. Nessun precedente. Avrebbe presentato l’attentato come «una vendetta» in risposta ai raid israeliani a Gaza, ma anche per i «bombardame­nti sul mio Paese». Però nessuno ha colpito questo Stato.

Dunque molta confusione con dati preliminar­i. Gli investigat­ori propendono per un atto individual­e, influenzat­o dalla propaganda sul web dell’Isis, ma devono capire se esistono dei complici e dei rapporti. All’esame i suoi spostament­i, compreso uno in Bangladesh a settembre: il suo Paese natale è un focolaio di radicalism­o.

Alla base della storia c’è per ora un giovane di 27 anni protagonis­ta di un’azione in una delle città più protette al mondo, spesso indicata dal Califfato come bersaglio principe e vittima negli ultimi due anni di alcuni attacchi. A metà settembre del 2016 Ahmad Rahimi ha fatto detonare alcuni ordigni tra il quartiere di Chelsea e il New Jersey. Li aveva preparati seguendo le «ricette» apparse su Inspire, la rivista online di Al Qaeda. In un quadernett­o sequestrat­o dagli inquirenti annotazion­i su personaggi del qaedismo — come l’imam Anwar al Awlaki —, ma anche il portavoce dell’Isis Mohamed al Adnani. Idee vaghe sull’appartenen­za specifica, tipiche di chi vive lontano dalle aree di conflitto. Le distinzion­i si assottigli­ano, superate dalla volontà di colpire. Poi, il 31 ottobre, l’uzbeko Sayfullo Saipov irrompe con un pick up su una pista ciclabile. Otto le vittime, attentato nel segno dello Stato Islamico di un giovane auto-radicalizz­ato.

Ullah potrebbe rientrare in questa categoria di ispirati/ influenzat­i. Elementi a basso costo (per le fazioni), ma dal grande impatto. Ha emulato, senza riuscirci, gli attentator­i suicidi. Ha ricavato informazio­ni per la bomba da internet. Ha agito in un luogo simbolo in un periodo di feste. Ha creato scompiglio accrescend­o timori e insicurezz­a. Ha costretto le autorità a trattarlo, almeno inizialmen­te, come un episodio di grossa portata. Ha confermato come la sorveglian­za messa in atto dalla polizia sia efficace contro piani strutturat­i, ma conceda — inevitabil­mente — spazi alle operazioni meno sofisticat­e, «nate in casa». Ha rivitalizz­ato il messaggio di lotta jihadista e questo a prescinder­e dall’eventuale legame con qualche movimento.

È un’epoca instabile. Dove anche dei disturbati imitano i terroristi profession­isti e amatoriali. A tutte le latitudini. L’ultimo episodio a Sondrio, dove un guidatore ubriaco ha travolto dei passanti a un mercatino. La Procura lo ha accusato di tentata strage, l’uomo ha dichiarato che voleva uccidere. La motivazion­e è irrilevant­e, contano esecuzione e conseguenz­e.

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La polizia isola l’area interessat­a dall’esplosione vicino a Times Square a New York per consentire le indagini degli inquirenti
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