Attentato (fallito) alla stazione dei bus Panico a Manhattan, «è terrorismo»
Quattro feriti non gravi: l’ordigno brucia e non esplode. Polemiche su Trump che twitta ma di altro
Ore 7,20, New York. Una videocamera di sorveglianza della metropolitana è oscurata da un denso fumo bianco. Quando si dirada emerge la figura di un uomo a terra, nel passaggio che collega il terminal dei bus di Port Authority a Times Square. È Akayed Ullah, un ventisettenne nato in Bangladesh, immigrato negli Stati Uniti sette anni fa. Si era legato intorno al busto un tubo riempito di esplosivo e collegato con un innesco. Voleva fare una strage. Lo scoppio è rumoroso, ma per fortuna i danni sono limitati, la bomba brucia e non esplode: tre feriti non gravi, più il potenziale killer ustionato alle mani e all’addome. Ancora una volta New York ha vissuto momenti di terrore. Si è temuta una carneficina: l’obiettivo prescelto è una delle porte di accesso a Manhattan. Treni, pullman, metrò: da qui passano ogni giorno circa 220 mila viaggiatori.
Gli investigatori hanno subito interrogato Ullah che avrebbe detto di essersi «ispirato» all’Isis. Secondo la Cnn, avrebbe dichiarato di aver voluto vendicare «le violenze di Israele a Gaza». L’Fbi ha perquisito la sua casa di Brooklyn, dove viveva con i genitori e due fratelli.
L’attacco a New York è il secondo nel giro di due mesi. Il primo novembre scorso un terrorista travolse con un furgone e uccise 9 persone in bicicletta. Donald Trump, naturalmente, è stato subito informato. Tre ore e mezza dopo il presidente si è affacciato su Twitter, non per commentare lo scampato pericolo nel cuore della Grande Mela, ma per contestare il lungo articolo che due giorni fa gli aveva dedicato il New York Times. «Non guardo la tv quattro-ore al giorno. Falso».
Solo nel primo pomeriggio si fa viva la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders: «Distruggere le ideologie del male, questo è il piano del presidente Trump».
Nelle prossime ore si riaccenderanno le polemiche. L’attacco va messo in relazione alla decisione di Trump di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme? E poi il tema degli immigrati. Akayed Ullah era arrivato negli Usa il 21 febbraio 2011 con un cosiddetto «Family based visa», il permesso che consente ai cittadini di altri Paesi di raggiungere i parenti stretti già residenti in America. L’amministrazione Trump vuole cancellare questo strumento o almeno limitarlo severamente, nel quadro di una stretta generale sull’immigrazione.
Bill de Blasio e Andrew Cuomo, sindaco di New York e Governatore dello Stato, ieri hanno solo sfiorato la questione: New York è un esempio di democrazia e di convivenza tra culture e storie diverse. Ecco perché è un bersaglio.