«Il Movimento punta su imprese e legalità Non siamo illiberali»
Caro direttore, nell’editoriale sul Corriere di ieri Angelo Panebianco sostiene che il Movimento 5 Stelle sia una forza politica illiberale, paragonabile al Partito Comunista degli Anni 60. Spiace constatare ancora una volta i pregiudizi che circondano il movimento da me rappresentato in qualità di candidato premier. Il Movimento 5 Stelle ha una storia ben precisa, fondata su legalità, moralità pubblica e vicinanza alle piccole e medie imprese. Lo dimostrano gli incontri che sto svolgendo nel Nord Italia proprio in queste settimane e soprattutto il nostro programma di governo. Cosa avrebbe di illiberale la drastica riduzione fiscale a favore delle imprese che abbiamo intenzione di realizzare? L’abolizione dell’Irap, la riduzione del cuneo fiscale e la semplificazione del regime Irpef sarebbero misure ostili alle imprese? E ancora: la riduzione dei tempi della giustizia, la lotta agli sprechi nella spesa pubblica e l’eliminazione di 400 leggi inutili? Siamo forse illiberali perché riteniamo che godersi un giorno di festa in famiglia debba essere un diritto anche per i commercianti? Solo in Italia non ci sono restrizioni sulle aperture nei festivi. Si tratta di misure di buonsenso, che a differenza di altre forze politiche abbiamo la credibilità per poter realizzare. Abbiamo poi un’altra proposta di grande impatto: una banca pubblica di investimento che stabilizzi il sistema creditizio e finanzi le imprese italiane a tassi agevolati, sul modello francese e tedesco. Il nostro obiettivo è di rimettere al centro l’economia reale. Lo faremo attraverso uno Stato innovativo, snello, che tracci le regole del gioco e intervenga a favore dei più deboli. L’idea che ci ha ispirato nella costruzione del programma è la Qualità della Vita. Né statalismo né finanza sregolata, ma una sintesi che tenga insieme diritti, sviluppo tecnologico e impresa. Per realizzare questa concreta utopia serve un patto con l’Europa. Non si tratta di mettere in discussione l’euro, ma di riconoscere che il nostro Paese ha bisogno di uno sforamento temporaneo del rapporto deficit/Pil per rilanciare lo sviluppo, come già hanno fatto Spagna e Francia. Un deficit produttivo avrebbe il merito di sostenere la ripresa ripagandosi da sé con l’aumento dell’occupazione e delle entrate fiscali. Spero di aver dissipato gli equivoci che troppo spesso restituiscono un’immagine distorta del Movimento 5 Stelle.