Sì al biotestamento: quelle lacrime in Aula
La gioia in Aula: «Ma quanta fatica»
Un applauso. Tanta commozione. Qualche lacrima. Da ieri a mezzogiorno il testamento biologico è legge. Il provvedimento è stato approvato anche dal Senato. Contrari i vescovi. L’associazione dei medici cattolici: «Non l’applicheremo». Ma la sezione di Milano è favorevole.
Non è facile vedere piangere Emma Bonino, una donna che ha definito «signore scostumato» il tumore al polmone che l’ha importunata più di due anni fa, e a causa del quale ha cominciato ad indossare turbanti sempre colorati, trasformando la chemioterapia in un pretesto frivolo per lanciare una moda.
«Qualche lacrima è uscita quando abbiamo visto il cartellone del voto, qualche emozione forte anche, in ricordo di una lunghissima battaglia», ha dovuto ammettere ieri dopo il sì definitivo del Senato al biotestamento, e certo la «Signora delle battaglie» non poteva negarle quelle lacrime, troppi i flash che le avevano immortalate in diretta.
Emma Bonino durante il voto ieri era a Palazzo Madama, a dividere la tribunetta d’onore con il papà di Luca Coscioni e con Mina, la moglie di Piergiorgio Welby, ovvero la storia di dieci anni di battaglia radicale sul fine vita.
Una battaglia senza sconti, fatta attraverso i corpi di uomini che non hanno voluto vivere fino in fondo una sofferenza che di sconti non ne faceva di certo.
No, non è stata una battaglia come tutte le altre questa che i Radicali hanno portato avanti a dispetto di ostacoli che giorno per giorno sembravano diventare sempre più insuperabili oltre che sempre di più numerosi.
Anche Emma Bonino se ne deve essere resa conto ieri quando ha dovuto usare un fazzoletto per asciugare lacrime che probabilmente neanche lei aveva messo in conto, lei che pure è riuscita a guardare in faccia il suo brutto male e anche il medico che la curava trattando con lui di poter fumare dieci sigarette al giorno. «Quanto tempo e quanta fatica per arrivare ad una legge di umanità. Come poter dimenticare quel dibattito insopportabile sul caso Englaro, più di dieci anni fa, che mi toccava presiedere con qualche insulto».
Era il 9 febbraio del 2009 quando Eluana Englaro se n’è andata da questa terra grazie alla determinazione di Beppino che ha violentato il suo amore di padre e ha lasciato che sospendessero la nutrizione proprio a sua figlia, da diciassette anni ridotta come un vegetale.
A quel tempo Emma Bonino non esitava a scendere in piazza accanto a Beppino Englaro e a inveire indistintamente con veemenza contro i politici che non avevano coraggio di dire sì ad una legge che considerava di pietà, forse ancora prima che di umanità. Ieri la «Signora delle battaglie», oggi a capo di una formazione politica per l’Europa («Più Europa»), ha preferito lasciare parlare la sua parte emotiva, non soltanto con quelle lacrime che non è riuscita a trattenere, ma anche con le parole che sono sgorgate dense di una trepidazione inedita: «Quando si riesce a far sì che le istituzioni finalmente ascoltino, sono emozioni importanti. Anche se per far sì che ascoltino ci si mette anni, decenni».
Era il 20 febbraio del 2006 quando Luca Coscioni, il maratoneta, lasciava questa terra perché la Sla gli stava togliendo il respiro e lui non aveva voluto essere attaccato a un respiratore artificiale.
Era il 20 dicembre dello stesso anno quando Piergiorgio Welby seguiva le orme di Luca Coscioni, anche lui aiutato
La lezione «Ora non dobbiamo dismettere, mai dare per scontato che i diritti arrivano da sé»
in ogni modo dai Radicali e adesso non è facile citare tutti i protagonisti di questa battaglia, ma oltre a quello di Marco Pannella bisogna ricordare sicuramente i nomi di Marco Cappato e Maria Antonietta Coscioni, e Riccardo Magi, ultimo arrivato come segretario del partito.
Tra le sue lacrime ieri Emma Bonino sembrava vederseli passare davanti agli occhi in carrellata i fotogrammi del film di questa battaglia dove il dolore è stato trasformato in una potentissima arma per imporre diritti che sembravano impensabili.
E anche questa è una giornata che la signora delle battaglie non potrà dimenticare: «A questo punto non dobbiamo dismettere, mai dare per scontato che le istituzioni comunque non contano. Mai dare per scontato che i diritti arrivano da sé».