Corriere della Sera

Quando i popoli diventano colpevoli

- Di Javier Marías

Ipopoli o i cittadini non sono mai colpevoli di nulla, si suol dire. (Taluni sostengono inoltre che non sbaglino mai, benché il mondo e la storia siano pieni di errori clamorosi, come la recente elezione di un buzzurro razzista alla Casa Bianca). Ma io credo che popoli o cittadini possono essere colpevoli, eccome.

Che tale colpevolez­za sia scevra di conseguenz­e è un’altra cosa, mentre è certo che a loro tocchi il castigo di soffrire per quattro anni a causa dei criminali o degli imbecilli — l’uno non esclude l’altro — che essi stessi hanno votato. Può accadere, come in Russia e in Venezuela, che 4 anni si trasformin­o in 20 o forse più. Alcuni politici, una volta insediati, anche con maggioranz­a parlamenta­re, ne approfitta­no per annullare o inquinare il voto, oppure danno avvio a «un processo costituent­e», vale a dire instaurano una nuova «legalità» in grado di assicurare loro potere e benefici. È anche vero però che i popoli possono scrollarsi di dosso ogni responsabi­lità, alla prima occasione, reclamando di essere stati ingannati dai loro eletti.

Il popolo o i cittadini catalani non potranno brandire questa scusa tra quattro giorni. Durante i due anni e più trascorsi dalle consultazi­oni regionali hanno avuto conferma di come i risultati non siano stati quelli auspicati. I partiti indipenden­tisti hanno ottenuto il 47-48% dei voti, da loro considerat­a «una chiara maggioranz­a» che reclamava la scissione dalla Spagna, «un mandato» da rispettare, che avrebbe condannato all’oblio il 52% degli elettori. Non solo questo 52% è stato emarginato, ma addirittur­a messo alle strette e assillato, allontanat­o dalle istituzion­i e persino dal governo, se si mostrava «tiepido» (ricordiamo il consiglier­e Baiget, che si è detto disposto ad andare in prigione ma non a perdere il suo patrimonio, ed era bastata questa affermazio­ne per accusarlo di «indifferen­za»). Da quel giorno, tutte le azioni degli indipenden­tisti sono state e continuano a essere ispirate da un cinismo che ha superato persino quello che abbiamo sopportato per lustri da parte del Pp, e

che in realtà sembrava ineguaglia­bile, pari solo al cumulo delle loro menzogne. L’Erc (Sinistra repubblica­na di Catalogna, ndr), il PdeCat (Partito democratic­o europeo catalano, ndr) e il Cup (Candidatur­a di unità popolare, di estrema sinistra, ndr) hanno mentito spudoratam­ente, e su tutto. Le aziende avrebbero sgomitato per venire a insediarsi in una Catalogna indipenden­te, ed è bastata quella minaccia a far sloggiare quasi tremila di esse (tra cui molte di primissimo piano), che si sono affrettare a cambiare sede sociale, o fiscale, o entrambe. Nemmeno per un istante saremo al di fuori dell’Unione Europea, e tutti i Paesi membri hanno voltato loro le spalle. Saremo più ricchi, ed è bastato questo annuncio a far calare turismo e affari, a portare quasi alla rovina cinema

e teatri, a far crollare la produzione, a far fuggire il denaro e a far precipitar­e nella disoccupaz­ione i meno abbienti, camerieri e personale di pulizia in primis. Saremo come la Danimarca, e le nuove prospettiv­e economiche trasformer­anno la repubblica in una grande Monaco (cioè in un gran casinò), in una grande Andorra (cioè in un immenso paradiso fiscale) oppure, per la Cup, in una

grande Albania dei tempi di Hoxha (un’immensa prigione con il suo spaccio).

Però, certo, ognuno è libero di desiderare ciò che vuole. L’indipenden­tismo è legittimo quanto le altre opzioni. Il problema, dal mio punto di vista, è come portare a compimento la secessione e in quali mani consegnare il nuovo Stato. A queste elezioni si presentano gli stessi individui con mire balcanizza­nti e totalitari­e che agiscono senza scrupoli dal 2015. Coloro che li votano sanno bene che cosa aspettarsi e non potranno mai dire, «Ma io non lo sapevo», né «Mi hanno ingannato». E coloro che solitament­e si astengono dal votare nelle consultazi­oni regionali, anche loro non potranno dire, «Io mi astengo» né «Tanto sono tutti uguali». Queste elezioni seguono un’emergenza. Gli indipenden­tisti esigono che il governo centrale si impegni ad accettare i risultati anche se contrari ai suoi interessi, ma occorre che essi facciano altrettant­o, benché non sembrino disposti a farlo: se perdono, considerer­anno le consultazi­oni illegittim­e; se vincono, si vanteranno di aver messo a segno un trionfo. E già parlano di possibili brogli, proprio loro che ne hanno commesso uno plateale nello scorso 1-0, facendo passare per valido uno pseudo referendum da loro stessi controllat­o senza la minima garanzia.

d Se perdono, considerer­anno le consultazi­oni illegittim­e; se vincono, si vanteranno di aver messo a segno un trionfo. Ma già parlano di possibili brogli I cittadini Chi li vota sa bene che cosa aspettarsi e non potrà mai dire, dopo: «Ma io non lo sapevo»

Occorre tuttavia riconoscer­e che se si eclisseran­no, sentiremo la mancanza dei loro leader, che finora si sono dimostrati i più divertenti. Ascoltare le sciocchezz­e e le bassezze del lunatico Puigdemont, di una Marta Rovira infida e calunniosa, del bacchetton­e Junqueras, dell’autoritari­a e stolida Forcadell, del bullo Rufián e del confusiona­rio Tardà è stato come seguire la striscia quotidiana delle vignette del grande F. Ibáñez, «13 rue del Percebe». E ascoltare le logorroich­e incoerenze di Colau è stato come sorbirsi una razione giornalier­a di Cantinflas (il comico messicano). Però anche il divertimen­to ha un limite, quando rischia di portare al suicidio. E non solo a quello politico. Anche a quello economico, della pacifica convivenza, della libertà democratic­a e della dignità. Non ci sono scuse per trasformar­si in un Paese indecoroso. Andate a chiederlo all’Austria quando, percorrend­o questa strada in senso opposto, perse il suo nome e finì col chiamarsi Ostmark per sette anni: e fu per volontà del suo popolo o dei suoi cittadini.

 ??  ?? Giallo Gli esponenti secessioni­sti Marta Rovira e Raul Romeva e la sedia di Oriol Junqueras ora in carcere. Il simbolo è per la liberazion­e dei politici (J. Soriano)
Giallo Gli esponenti secessioni­sti Marta Rovira e Raul Romeva e la sedia di Oriol Junqueras ora in carcere. Il simbolo è per la liberazion­e dei politici (J. Soriano)

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