CONTROLLO DEI GIUDICI, TRA L’UE E LA POLONIA FINITO IL TEMPO DI MEDIARE
Il nuovo premier polacco, Mateusz Morawiecki aveva già lasciato il Consiglio europeo, venerdì scorso, quando i capi di Stati e di governo hanno discusso in via informale della Polonia. Un altro segnale che tra Varsavia e Bruxelles il tempo delle mediazioni è finito e la strada verso uno scontro senza precedenti è aperta. Per la prima volta nella storia della Ue, la Commissione si appresta ad attivare contro un Paese membro la procedura prevista dall’articolo 7 dei Trattati, per «grave violazione dei principi dello Stato di diritto». Pomo della discordia, la recente riforma del sistema giudiziario varata dal governo nazional-conservatore polacco, che di fatto elimina l’indipendenza della magistratura mettendo giudici e Corte di cassazione sotto il diretto controllo dell’esecutivo. Approvate dall’Assemblea nazionale, le due leggi dovrebbero essere promulgate dal presidente della Repubblica Andrzej Duda la prossima settimana. Se così fosse, e le dichiarazioni di Morawiecki a Bruxelles non lasciano dubbi in proposito, la Commissione avrebbe già deciso di proporre al Consiglio la messa in stato di accusa della Polonia, ai sensi del primo comma dell’articolo 7. Per confermarla occorre il voto di quattro quinti degli Stati membri, dopo quello del Parlamento europeo, una maggioranza considerata possibile tanto più che sia la cancelliera Merkel, sia il presidente Macron hanno detto di appoggiare la linea della Commissione. Sarebbe un decisivo salto di qualità, nella battaglia contro i populismi e le sedicenti «democrazie illiberali»: mai uno Stato della Ue è stato messo in mora per il mancato rispetto delle regole democratiche. Più difficile sarà arrivare alla sospensione dei diritti di voto della Polonia, prevista dal secondo comma dell’articolo 7, per la quale è necessaria l’unanimità del Consiglio. Il premier ungherese Viktor Orban (chi se no?) ha già annunciato il suo veto.