Corriere della Sera

La nuova voce Flórez di

Il tenore, famoso per le interpreta­zioni rossiniane, confessa di aver superato alcune difficoltà tecniche Il divo della lirica: «È cambiato il mio timbro Amplio il repertorio, farò più opere verdiane»

- Valerio Cappelli

«La mia voce è cambiata», dice Juan Diego Flórez, la stella del bel canto. Mercoledì, dopo cinque anni, torna a Roma. Con Orchestra e Coro di Santa Cecilia, e Antonio Pappano sul podio, fa arie del suo amato Rossini, un Donizetti mai affrontato prima (Roberto Devereux), poi vira verso il suo nuovo repertorio. Qual è?

«Mozart, ma soprattutt­o Les Contes d’Hoffmann di Offenbach, Puccini (Gianni Schicchi e “Che gelida manina” dalla

Bohème), Verdi (una cabaletta da I Lombardi alla prima crociata con un do sovracuto che non si sente mai)». Quando si è accorto che la voce è cambiata?

«Non da un giorno all’altro. Avevo difficoltà a fare cose in un certo modo, ho dovuto aggiustare la tecnica. Il registro centrale è più corposo e mi ha permesso di affrontare prima del tempo il Tell, La Favorita nell’edizione francese, il Werther che ho fatto in Italia, dove la gente è più severa ed ero un po’ preoccupat­o, ma è andato tutto bene. A New York debutterò con La Traviata . Sono sempre io, canterò Rossini. La coloratura non è velocissim­a come prima, però gli acuti e l’agilità sono gli stessi. La voce è più calda, ho guadagnato in espressivi­tà». Una nuova carriera?

«È la voce che determina quello che canti. Farò opere più teatrali, più Mozart a cui dedico il mio ultimo cd Sony. Come attore avrò più soddisfazi­oni. Ho appena guardato un’opera con Salma Hayek e non capiva i gesti declamator­i, le mani aperte... Nell’opera è difficile recitare bene, si impara quando sei padrone delle tue possibilit­à canore, e ti lasci andare. Noi cantanti di naturale non abbiamo niente, devi produrre note per duemila persone. Amo gli attori comici. L’arte del canto ha altre regole, ma adoro recitare in scena, e lo farò sempre di più».

Salma Hayek è un’altra attrice che ha denunciato Weinstein: ci sono gli abusi sessuali nella lirica? Sorride: «Sono tutti consenzien­ti. Viaggiamo tanto, siamo soli, e a volte il soprano va col tenore, eccetera. Succede più spesso che un direttore abbia un flirt con una giovane cantante o strumentis­ta a inizio carriera. Il caso sulla presunta

molestia di James Levine? Mi ha sorpreso. Comunque se ci sono le prove sono sacrosante le denunce di abusi». Lei è una icona del mondo omosessual­e.

«Sì, ma è un fenomeno tutto italiano e non so perché, mi fa sorridere. Ho super amici gay, è una cosa bella la sensibilit­à per gli acuti del bel canto. Ho tante manifestaz­ioni di affetto, al mio fan club, Florezidos.com, chiedono della voce, della passione che ho per calcio e tennis, della famiglia». Lei ha detto che suo padre era sempre assente.

«I miei in Perù divorziaro­no che ero piccolo. Lui si fece un’altra famiglia. Cantava musica peruviana, è morto nel 2015. Non ho rimpianti io, non aveva sensi di colpa lui. Cerco di essere super presente con i miei due figli». Il suo Sistema musicale a Lima...

«Vado tutti gli anni, sul modello di Abreu in Venezuela

abbiamo tolto dalla strada 7000 bambini poveri che suonano in ventuno centri». A febbraio porta alla Scala Gluck in versione francese.

«Orfée et Euridice fatta a Londra. Qui Orfeo è un tenore e non un mezzosopra­no come in quella italiana, che è più barocca. Ho arie nuove, virtuose, molti acuti».

Com’è cambiata l’opera, a 23 anni dal suo debutto al Rossini Opera Festival?

«È più tecnologic­a, ci sono i concerti in streaming, i social. Resta il problema del ricambio generazion­ale, vedo ancora

pochi giovani a teatro». Possono venire in aiuto gli allestimen­ti moderni?

«Io li prediligo, oggi in Austria, in Germania, anche in Spagna la tradizione non è più proponibil­e. Ma i giovani vogliono vedere i cliché dell’opera, i soprani con i velluti e trecento abiti, queste cose qui».

Oggi Pavarotti, che lei ha conosciuto bene, avrebbe difficoltà in certi teatri per la sua stazza fisica?

«Si richiede la bellezza, c’è molta competizio­ne nelle cantanti, quando hanno visto l’ondata di ragazze belle e di talento dall’Est Europa, si sono messe alla pari, tutte a dieta! La pietra di Paragone a Pesaro aveva un cast di giovani palestrati. Ma la voce di Luciano era così bella che canterebbe ovunque. In una intervista diceva che avrei dovuto cantare anche un altro repertorio. È ciò che si sta avverando».

Sesso e classica Rapporti consenzien­ti Si viaggia, si è soli, il soprano va col tenore

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