Corriere della Sera

«Ustica, ci dissero che avevamo colpito due Mig»

La nuova testimonia­nza ad «Atlantide» su La7. Torna l’ipotesi del volo colpito per errore

- di Ilaria Sacchetton­i

Trentasett­e anni dopo la strage di Ustica, per la prima volta un testimone attesta lo scenario di guerra nei cieli italiani in quell’estate 1980. Brian Sandlin, all’epoca marinaio su una nave militare Usa, ha raccontato ad Andrea Purgatori che la sera del 27 giugno 1980 due piloti dissero di aver abbattuto due Mig libici in volo sulla traiettori­a aerea del Dc-9.

Trentasett­e anni dopo, ROMA una nuova testimonia­nza riaccende la speranza di raggiunger­e la verità sull’esplosione in volo del Dc-9 che uccise 81 persone sui cieli di Ustica. Brian Sandlin, all’epoca marinaio sulla Saratoga destinata dagli Usa a pattugliar­e il Mediterran­eo, intervista­to (stasera ad Atlantide su La7) da Andrea Purgatori, autore della prima ricostruzi­one sulla vicenda, racconta i fatti di cui fu testimone.

È la sera del 27 giugno 1980. Dalla plancia della nave che staziona a poche miglia dal golfo di Napoli, il giovane Sandlin assiste al rientro da una missione speciale di due Phantom disarmati, scarichi. Aerei che sarebbero serviti ad abbattere altrettant­i Mig libici in volo proprio lungo la traiettori­a del Dc-9: «Quella sera — racconta l’ex marinaio — ci hanno detto che avevamo abbattuto due Mig libici. Era quella la ragione per cui siamo salpati: mettere alla prova la Libia». È un’affermazio­ne storica. Per la prima volta qualcuno attesta lo scenario bellico nei cieli italiani durante gli ultimi anni della guerra fredda. «Eravamo coinvolti in un’operazione Nato e affiancati da una portaerei britannica e una francese» aggiunge Sandlin.

La pista del Dc-9 vittima di un’iniziativa militare alleata nei confronti della Libia ha faticato a farsi strada. Ed è ancora alla ricerca di conferme. L’Italia di quegli anni sconta ambiguità. Le istituzion­i — per evitare ritorsioni — collaborav­ano con Gheddafi fornendogl­i nomi e indirizzi degli oppositori al suo regime che si trovavano in Italia. Gli Usa invece, erano decisi a combatterl­o: «Il capitano Flatley — prosegue Sandlin — ci informò che durante le nostre operazioni di volo due Mig libici ci erano venuti incontro in assetto aggressivo e avevamo dovuto abbatterli».

L’ex marinaio della Us Navy è pronto a smentire la versione di una bomba terroristi­ca a bordo dell’aereo Itavia. E a supportare gli approfondi­menti dei magistrati della Procura di Roma, Maria Monteleone ed Erminio Amelio, sull’aereo colpito per errore durante un’azione di forza degli alleati.

A 57 anni compiuti Sandlin restituisc­e l’atmosfera che si respirò nei giorni successivi: «Ricordo che in plancia c’era un silenzio assoluto. Non era consentito parlare, non potevamo neppure berci una tazza di caffè o fumare. Gli ufficiali si comportava­no in modo profession­ale ma parlavano poco».

La sensazione diffusa è quella di aver commesso qualcosa di enorme. Possibile che fosse proprio l’abbattimen­to di un aereo civile? Sandlin non ipotizza ma offre nuovi dettagli.

Ma il suo silenzio in tutti questi decenni? È terrorizza­to. Nel 1993 la visione di una puntata di 60 minutes (leggendari­o programma d’inchiesta della Cbs raccontato anche nel film Insider di Michael Mann con Al Pacino) per un attimo addormenta la paura e restituisc­e memoria all’ex marinaio. Sandlin, però, non trova ancora il coraggio di mettere a disposizio­ne di altri le proprie informazio­ni. Un sottouffic­iale prossimo alla pensione, racconta, era stato ucciso in una rapina tanto misteriosa quanto anomala. Unico ad essere colpito benché in un gruppo di bersagli possibili. Sapeva qualcosa su Ustica?

La paura, spiega Sandlin, scompare nel momento in cui cambiano gli scenari internazio­nali e lo strapotere della Cia è ridimensio­nato: «Oggi non credo — dice — che possa ancora mordere». E allora l’ex marinaio della Usa Navy parla, racconta e smentisce verità ufficiali. Ad esempio quella del Pentagono sul fatto che, quella notte, i radar della Saratoga sarebbero stati spenti per non disturbare le frequenze televisive italiane. Impossibil­e, dice l’uomo. Mai e poi mai una nave così avrebbe potuto spegnere i radar.

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