Corriere della Sera

Il miglior business tech del 2017? La bicicletta

- di Massimo Sideri

Probabilme­nte ricorderem­o il 2017 per i grandi dibattiti sulle fake news, la pubblicità programmat­ica che ci insegue ovunque come in un racconto di Stephen King, i destini di Facebook e la neutralità (persa) della Rete. Forse anche per le bufale antiscient­ifiche — di cui nel lungo periodo ci pentiremo — partite dall’amministra­zione Trump (Pence è riuscito a dire che è tutto da dimostrare che il fumo faccia male... poi ci stupiamo che i populisti austriaci blocchino la legge che vieta il fumo nei locali pubblici). Ma ad essere onesti dovremmo anche ricordare il 2017 per l’esplosione di un business legato alla manifattur­a di una tecnologia che ha duecento anni suonati: la bicicletta. Nata nel 1817 grazie al conte Drais, sviluppata grazie alla open innovation ante litteram con i francesi che aggiunsero i pedali (ho raccontato l’affascinan­te storia completa delle due ruote nell’ultimo numero di Corriere Innovazion­e), la bici sembrava avviarsi verso il tramonto. Sarebbe facile dimostrare che si è parlato molto più ampiamente della nuova entità giuridica auto-che-si-guida-da-sola. Eppure è la bicicletta il business tech del 2017. Vai a Singapore, a Pechino e a Milano o Firenze e trovi lo stesso mezzo Mobike che si apre e chiude grazie al tuo smartphone. È un caso da studiare: innanzitut­to per i numeri. Mobike possiede la più grande flotta di biciclette in condivisio­ne al mondo: ha raccolto un miliardo ed è valutato sopra i 3 miliardi. Diversamen­te da Uber, ha la proprietà delle bici. Anzi, le ha progettate. Come ha raccontato la fondatrice Hu Weiwei il loro maggiore problema non è stato sviluppare l’app, ma ripensare la bici per l’utilizzo in condivisio­ne, per i furti, per la distruzion­e dei mezzi. Trovare nuovi materiali. Insomma, fare la manifattur­a, non il digitale. La cosa bizzarra — che la dice lunga sulla lungimiran­za dei settori tradiziona­li all’innovazion­e — è che, sempre parole di Hu Weiwei,«è stato difficile trovare un produttore di due ruote che volesse lavorare con noi in questo processo». Certo, probabilme­nte non pagavano molto. Ma chissà in quanti ora si stanno mangiando le mani pensando alla commessa persa. Per questo è il business del 2017, perché insegna che mentre tutti guardavamo da una parte verso il futuro dei ragazzi cinesi hanno avuto successo guardando dall’altra, verso il passato.

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