La siringa e l’ormone La mail del manager è l’indizio più grave
L’inchiesta chiarirà: mago del doping o truffatore?
Il prodotto vietato Usato dai culturisti per asciugare la massa magra, il «frag» aumenta la potenza
Due truffatori che si fingono esperti farmacologi per ripulire un «pollo» di 250 mila dollari? O due maghi del doping che sfruttano le loro conoscenze per truccare, tra gli altri, anche il motore del velocissimo Justin Gatlin oltre che rivendere il loro infallibile metodo ad altri? Chi siano davvero l’ex oro olimpico della velocità americana Dennis Mitchell e il tedesco Robert Wagner lo scoprirà (forse) l’inchiesta congiunta aperta ieri dall’Agenzia americana antidoping (Usada) e dalla federazione internazionale di atletica leggera.
Certo, la facilità con cui un giornalista camuffato da attore ha avvicinato il coach e l’agente del più forte velocista del mondo chiedendo loro di doparlo per apparire credibile in un film ha dello straordinario. Di sicuro la prima proposta di Wagner al giornalista del Telegraph (una combinazione di testosterone e ormone della crescita, da recapitare comodamente in Europa tramite medici amici) non vale il quarto di milione di dollari: si tratta di prodotti facilmente reperibili su Internet per qualche centinaia di bigliettoni verdi. Il discorso si fa più serio quando Wagner invia per mail al cronista inglese l’immagine di un prodotto che gli propone come cruciale nel trattamento per renderlo più «efficiente»: una siringa accanto a una confezione di PeptidePros Frag 176-191 da 2 milligrammi. Il cosiddetto «frag» è, appunto, un frammento peptidico dell’ormone della crescita, creato in laboratorio in modo da essere utilizzato dai culturisti per asciugare la massa magra senza perdere potenza. E quindi guadagnare in forza senza sviluppare muscoli inquietanti e senza far impazzire i livelli d’insulina nel sangue.
Sul piano economico, la fregatura è di nuovo in agguato: una fialetta dell’ormone su Internet costa una quarantina di dollari. Ma è vero è che, dosato bene, «frag» può sfuggire ai controlli antidoping perché viene eliminato in poche ore dall’organismo senza lasciare traccia. Durante gli incontri col cronista, Mitchell e Wagner fanno espliciti riferimenti all’utilizzo della sostanza da parte di Gatlin e di altri velocisti. Basta la loro testimonianza (punita con presa di distanza e licenziamento in tronco da parte dell’atleta) a mettere nei guai il già poco trasparente Gatlin, che invoca (come tutti i sospetti) le decine di controlli (in gara e a sorpresa) passati senza fallo? Difficile dirlo, ma sostanze come il «frag» sembrano alterare pochissimo il profilo del passaporto steroideo, quello che ormai è l’unico sistema efficace per cogliere in fallo gli atleti delle discipline di potenza (come i velocisti) che si dopano in maniera sofisticata e non come i body builder da sagra paesana.
Gatlin non è quindi colpevole a priori, ma il fatto che coloro che (da anni) non lo mollano un solo secondo in pista e fuori abbiano organizzato una messa in scena del genere, portando addirittura il giornalista-attore a contatto con l’atleta è sconcertante. Com’è sconcertante che, con i suoi potenti e sbandierati mezzi investigativi, l’Usada non sia stata sulle tracce del più celebre e attualmente vincente ex dopato dello sport americano.