Non è un Paese per l’industria E la prova sta nelle strade
Siamo il secondo Paese industriale d’Europa dopo la Germania. Nonostante la crisi abbia messo a dura prova la nostra manifattura. E ora anche nonostante la rete stradale. «Le aziende si vedono cancellare ordini e revocare lettere di credito per la difficoltà nelle consegne — contesta con energia il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti —. Sono disposto a incontrare i presidenti delle Province una per una, ma il problema va risolto». Ecco cosa sta succedendo. Le Province, private di buona parte dei trasferimenti in attesa della loro abolizione (poi rientrata con la bocciatura del referendum costituzionale) hanno smesso di investire sulla viabilità. Per le imprese consegnare le merci ai clienti — quando si tratta di trasporti «speciali» per stazza e peso — diventa un’avventura. Perché non si capisce chi deve dare l’autorizzazione. Oppure perché l’interlocutore competente non vuole dare il lascia passare in mancanza di controlli sull’agibilità delle strade stesse. Il problema riguarda in particolare il Nord industriale. Non a caso Confindustria Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna hanno inviato una lettera congiunta a Confindustria. «Ci sono imprese che si caricano costi aggiuntivi per centinaia di migliaia di euro per “cambiare strada” o addirittura consegnare via mare invece che via terra — lamenta Bonometti —. Non ce lo possiamo permettere».