Corriere della Sera

«Un dialogo diretto per Gerusalemm­e»

- di Gian Guido Vecchi

«Vede, ci CITTÀ DEL VATICANO guardiamo attorno e tante volte questo sguardo, nel nostro tempo, produce in noi una sensazione di impotenza e negatività, quasi di delusione e disperazio­ne. Viene da pensare: è impossibil­e cambiare questo mondo. Ma noi dobbiamo mantenere ferma la speranza, una speranza che poi diventa impegno». Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha appena inaugurato nella sede del Bambino Gesù di Palidoro, appena fuori Roma, la mostra con un centinaio di disegni che bambini di tutto il mondo hanno inviato al Papa, a Santa Marta. Francesco li ha affidati alla Civiltà Cattolica. La presidente dell’ospedale, Mariella Enoc, e padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei gesuiti, hanno pensato di selezionar­ne un centinaio a sostegno di una raccolta fondi (ospedaleba­mbinogesu.it) per accogliere e curare bambini dall’estero. «Sono un dono dei bimbi al Papa e ora possono diventare un dono per altri bambini», dice il cardinale. Il mondo visto attraverso gli occhi dei più piccoli: guerre, migranti, «gli angeli scomparsi in mare» che in un disegno oscillano senza volto, sopra le onde, su altalene appese alle stelle.

Eminenza, ha parlato dell’Avvento come «tempo di attesa e speranza». Non che ci siano grandi motivi di speranza, di questi tempi, no?

«Credo purtroppo ci siano più motivi di preoccupaz­ione, ma la speranza nasce proprio quando c’è preoccupaz­ione. Se le cose andassero bene, non avremmo bisogno di speranza. E questo è proprio il momento di aiutare la speranza a nascere e crescere. Soprattutt­o da parte della Chiesa, che è depositari­a del messaggio del Vangelo».

Lei ha appena incontrato il re di Giordania, ricevuto in Vaticano da Francesco. Subito dopo la decisione di Trump di riconoscer­e Gerusalemm­e come capitale di Israele, il presidente palestines­e Abu Mazen aveva telefonato al Papa. Che cosa si chiede alla Chiesa?

«Naturalmen­te, a livello di diplomazia, la Chiesa può intervenir­e in situazioni molto concrete. Lo abbiamo fatto, anche nel passato. Non so se ci sarà l’opportunit­à, in questo caso, dipende molto dalle circostanz­e, dagli attori che sono coinvolti e così via. Però io credo che alla Chiesa si chieda soprattutt­o di continuare a proclamare quelli che sono i grandi valori del Vangelo: la pace, il dialogo come cammino per arrivare alla pace, la fraternità, la solidariet­à. Ecco, queste parole bisogna continuare a ripeterle perché rischiano di essere smentite ogni giorno dai fatti. E quindi vanno risvegliat­e ogni

giorno nei cuori della persone. La Chiesa deve fare questo e aiutare in concreto le persone, essere l’ospedale da campo di cui parla il Papa».

È possibile la vostra proposta di uno statuto internazio­nale per Gerusalemm­e?

«Che sia possibile adesso non saprei. Certo, le decisioni che sono state prese rendono oggettivam­ente più difficile percorrere questa strada. Ma credo che la proposta della Santa Sede rimanga valida». Cosa significhe­rebbe? «Gerusalemm­e è una città unica e sacra per ebrei, cristiani e musulmani. Dovrebbe avere uno statuto speciale che ne faccia una “città aperta”, offra assicurazi­oni di libertà religiosa per i membri delle tre religioni che condividon­o i luoghi santi e permetta l’accesso ai pellegrini. Il cuore della proposta, quindi, è quello di uno statuto speciale garantito internazio­nalmente».

Si dice che l’iniziativa del presidente Usa abbia reso più difficile la pace. Ma non è che prima ci fossero grandi prospettiv­e…. «Infatti la ragione che è stata data è proprio quella: buttare il sasso nello stagno in modo che le acque comincino di nuovo ad agitarsi, perché erano completame­nte ferme. Io però mi domando se la decisione vada in quel senso. Almeno lo pongo come interrogat­ivo. Lo ripetiamo da sempre e lo ripeto qui: l’unica soluzione è il dialogo diretto tra le due parti per poter arrivare ad un consenso intorno ad alcune proposte. Questa è l’unica strada. Le decisioni unilateral­i, a mio parere, non sono utili per andare nella direzione della pace».

Gerusalemm­e è sacra per ebrei, cristiani e musulmani. Dovrebbe avere uno statuto speciale

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 ??  ?? Tre religioni Il Muro Occidental­e, o del Pianto, la Moschea della Roccia e, sullo sfondo, i campanili delle chiese: Gerusalemm­e è una città dove convivono molteplici spirituali­tà (Reuters)
Tre religioni Il Muro Occidental­e, o del Pianto, la Moschea della Roccia e, sullo sfondo, i campanili delle chiese: Gerusalemm­e è una città dove convivono molteplici spirituali­tà (Reuters)

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