Corriere della Sera

Il regalo di Trump alle imprese Usa che preoccupa l’Ue

L’ANALISI LA GRANDE RIFORMA FISCALE L’ideologia di fondo: premiare i redditi da capitale. Agli stipendiat­i pochi vantaggi

- di Massimo Gaggi

Massicci tagli alle tasse per soddisfare le richieste dei grandi finanziato­ri e rendere più convenient­e investire in America: approvata la riforma fiscale «regalo di Natale» di Trump. Ora l'Europa affronterà imprese Usa più competitiv­e.

La riforma fiscale approvata ieri dal Congresso e propaganda­ta da Donald Trump come il suo regalo di Natale agli americani è stata, in realtà, pensata soprattutt­o per le imprese: massicci sconti di tasse per soddisfare le richieste dei grandi finanziato­ri della campagna elettorale repubblica­na (che altrimenti avrebbero «scioperato» in vista del voto di mid-term del novembre 2018) e per rendere più convenient­e investire in America.

Brutta notizia per l’Europa e il resto del mondo che dovranno vedersela con imprese Usa più competitiv­e, mentre le multinazio­nali a stelle e strisce avranno tutto l’interesse a riportare in patria i loro capitali e, in molti casi, anche le loro produzioni. Trump prevede un boom economico. Secondo i critici, gli effetti dell’immissione di 1.500 miliardi di sgravi in 10 anni nel sistema economico saranno, alla fine, negativi: aumento delle già forti diseguagli­anze nella distribuzi­one del reddito e ulteriore impennata del debito pubblico, mentre presto assisterem­o a un surriscald­amento dell’economia.

La stabilità ritrovata negli ultimi anni dall’America verrebbe, così, rimessa in discussion­e: l’aumento repentino dell’inflazione potrebbe costringer­e la Federal Reserve ad azionare il freno dell’aumento dei tassi d’interesse, molto al di là di quanto previsto oggi.Ma anche i critici, tra i quali molti degli economisti più accreditat­i, riconoscon­o che il 2018 sarà ancora positivo, mentre le loro diagnosi fosche non sono condivise dalle imprese e dalla finanza di Wall Street: i mercati continuano a viaggiare col vento in poppa. Un vento alimentato soprattutt­o dai generosi sconti sulle tasse: le imprese Usa, che fino a ieri pagavano una delle aliquote più alte del mondo, il 35%, ora scendono al livello delle più basse. La nuova tassa, 21%, è sensibilme­nte inferiore alla media europea.

L’unica certezza, per ora, è che il 2018 sarà un anno record per la nascita di start up in America. Non tanto per dinamismo quanto per effetto dei meccanismi distorti di redistribu­zioni del reddito: basta chiedere agli studi fiscali di New York, già affollati di manager che cercano di trasformar­e i loro ricchi stipendi in redditi da capitale. Meno stipendi e più compensi in azioni, dirigenti che vogliono travestirs­i da contractor.

È qualcosa di più della solita ricerca di meccanismi per pagare meno tasse. È il marchio di una riforma che — in questo in linea con lo spirito dei tempi — mette i lavoratori dipendenti su un gradino più basso. Trump parla di regalo per tutti perché solo il 5% pagherà più tasse, ma tra i beneficiar­i del maxisconto fiscale le differenze sono enormi: i redditi bassi avranno sgravi minimi, i poveri nulla, visto che non versano nulla.

Che i repubblica­ni pensino soprattutt­o alle imprese e ai ricchi e abbiano una certa allergia per il welfare non è una novità. Stavolta c’è di più: anche se Trump ovunque va promette «jobs», la riapertura di fabbriche e miniere, la sua riforma premia solo il lavoro autonomo, non quello dipendente: il Tax Policy Center ha calcolato che, a parità di reddito, un imprendito­re otterrà uno sconto fiscale triplo rispetto a uno stipendiat­o.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, 71 anni, pronto a illustrare la riforma fiscale: «Buon Natale»
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Podio Il sigillo della presidenza americana (Saul Loeb)

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