LE COLPE DEI MANAGER (ANCHE EX) RICADONO SULL’IMPRESA
Esiste un profitto nella moralità d’impresa, una reputazione che valga anche come fattore competitivo nelle gare d’appalto? La litania che va per la maggiore in Italia tenderebbe all’irrisione: ma cosa si vuole che sia fare un po’ di fatture false, una condanna penale non conta se non è definitiva, figurarsi poi se riguarda un ormai ex amministratore. E invece dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo arriva tutt’altra risposta: può essere esclusa da una gara d’appalto l’azienda che, omettendo di segnalare l’esistenza di una condanna (sebbene non definitiva, e anche se di un ex amministratore), viola il dovere di leale collaborazione con la stazione appaltante perché dimostra così di non dissociarsi completamente ed effettivamente dalla condotta criminosa di persone che in essa avevano rivestito una carica rilevante. La Mantovani spa era stata esclusa dalla Provincia autonoma di Bolzano dalla gara del 2013 per costruire il nuovo carcere perché non aveva tempestivamente dichiarato che il proprio ex n.1 fosse intanto stato condannato con sentenza definitiva per associazione a delinquere finalizzata alle fatture false. Il Tar aveva respinto il ricorso, ma il Consiglio di Stato aveva sollevato davanti alla Corte Ue una questione pregiudiziale sulla compatibilità del Codice degli appalti pubblici italiano con il diritto dell’Unione. E ora la Corte Ue risponde: un comportamento contrario alla morale professionale di manager ed ex manager si riverbera sulla moralità dell’impresa, e l’ente appaltante ben può richiedere all’azienda di prendere le distanze dichiarando l’esistenza di una condanna anche non definitiva.
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