Corriere della Sera

LE COLPE DEI MANAGER (ANCHE EX) RICADONO SULL’IMPRESA

- di Luigi Ferrarella

Esiste un profitto nella moralità d’impresa, una reputazion­e che valga anche come fattore competitiv­o nelle gare d’appalto? La litania che va per la maggiore in Italia tenderebbe all’irrisione: ma cosa si vuole che sia fare un po’ di fatture false, una condanna penale non conta se non è definitiva, figurarsi poi se riguarda un ormai ex amministra­tore. E invece dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburg­o arriva tutt’altra risposta: può essere esclusa da una gara d’appalto l’azienda che, omettendo di segnalare l’esistenza di una condanna (sebbene non definitiva, e anche se di un ex amministra­tore), viola il dovere di leale collaboraz­ione con la stazione appaltante perché dimostra così di non dissociars­i completame­nte ed effettivam­ente dalla condotta criminosa di persone che in essa avevano rivestito una carica rilevante. La Mantovani spa era stata esclusa dalla Provincia autonoma di Bolzano dalla gara del 2013 per costruire il nuovo carcere perché non aveva tempestiva­mente dichiarato che il proprio ex n.1 fosse intanto stato condannato con sentenza definitiva per associazio­ne a delinquere finalizzat­a alle fatture false. Il Tar aveva respinto il ricorso, ma il Consiglio di Stato aveva sollevato davanti alla Corte Ue una questione pregiudizi­ale sulla compatibil­ità del Codice degli appalti pubblici italiano con il diritto dell’Unione. E ora la Corte Ue risponde: un comportame­nto contrario alla morale profession­ale di manager ed ex manager si riverbera sulla moralità dell’impresa, e l’ente appaltante ben può richiedere all’azienda di prendere le distanze dichiarand­o l’esistenza di una condanna anche non definitiva.

lferrarell­a@corriere.it

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