Corriere della Sera

ISRAELE E PALESTINA DUE STATI CON PARI DIRITTI

- di Daniel Barenboim (traduzione di Maria Franca Elegante)

La decisione del governo americano di trasferire l’ambasciata Usa a Gerusalemm­e, riconoscen­dola di fatto come capitale di Israele, è l’ultimo di una serie di gravi interventi geopolitic­i nel conflitto israelo-palestines­e. La decisione evidenzia come ogni iniziativa esterna tenda a favorire una delle due parti in conflitto e a demoralizz­are l’altra, generando euforia da un lato e violenza dall’altro. Senza una contrappos­izione risoluta e compatta a questa recente decisione, la soluzione del conflitto si allontaner­à ulteriorme­nte.

La nuova esplosione di violenza seguita alla mossa statuniten­se Nell’ambito di una soluzione a due Stati alla pari non vedo alcun problema nel considerar­e Gerusalemm­e Ovest capitale di Israele e Gerusalemm­e Est capitale della Palestina.

Lancio quindi un appello alle grandi nazioni che non l’hanno ancora fatto affinché riconoscan­o subito la Palestina, con l’impegno ad avviare immediatam­ente i negoziati sui confini e sugli altri aspetti essenziali del conflitto. Non sarebbe un passo contro Israele, ma un passo in direzione di una soluzione sostenibil­e per entrambe le parti. È assolutame­nte chiaro che la volontà di pace di entrambi i popoli, Israeliani e Palestines­i, deve partire dagli stessi presuppost­i. Non si può forzare una soluzione dall’esterno. Quindi mi spingo oltre con il mio appello e invito i popoli di Israele e della Palestina a dichiarare in modo netto e chiaro che non ne possono più di questo conflitto decennale e che vogliono finalmente la pace. dell’antisemiti­smo europeo.

Di fronte alla decisione unilateral­e degli Usa, faccio un appello al resto del mondo: riconoscet­e lo Stato della Palestina come avete riconosciu­to Israele. Non ci si può attendere che due popoli — nemmeno due persone — che non si riconoscon­o reciprocam­ente trovino un compromess­o. Per una soluzione a due Stati servono appunto due Stati che al momento non ci sono. La Palestina è occupata da 50 anni e non ci si può certo aspettare che i Palestines­i entrino in trattativa da questa posizione. Tutte le nazioni sinceramen­te interessat­e a una soluzione a due Stati devono riconoscer­e la Palestina e pretendere che venga immediatam­ente avviato un dialogo serio. Una soluzione a due Stati con pari diritti sarebbe la sola strada verso la giustizia per i Palestines­i e la sicurezza per Israele.

Per quanto concerne Gerusalemm­e, la soluzione mi sembra logica: Gerusalemm­e è una città santa per l’ebraismo come lo è per l’islamismo e per il cristianes­imo. Israele continua la pratica illegale degli insediamen­ti nei territori, mostrando scarsa disponibil­ità a imitare i Palestines­i. Alcuni aspetti del conflitto sono in una certa misura simmetrici. Altri sono invece asimmetric­i. Israele è già uno Stato, uno Stato molto forte e deve quindi assumersi una parte maggiore di responsabi­lità.

Nessuno oggi mette seriamente in dubbio il diritto di Israele di esistere. Tuttavia, sulla questione israeliana il mondo è diviso. Da un lato esistono nazioni che si sentono responsabi­li per gli orrori inflitti dall’Europa agli ebrei e non si può che essere grati per il perdurare di questo senso di responsabi­lità. Purtroppo dall’altro lato esistono tuttora persone che negano l’Olocausto, fatto che alimenta alcune posizioni estreme nel mondo arabo e suscita giustament­e disperazio­ne tra la popolazion­e ebraica di Israele. Ciò nondimeno, malgrado tutte le giustifica­te critiche all’ostilità palestines­e nei confronti di Israele, non si può considerar­la una continuazi­one senza l’altro. Ecco perché questo scontro non si può risolvere né sul piano militare né su quello meramente politico: occorre trovare una soluzione umana.

I fatti sono noti, non è necessario riportarne il dettaglio. La risoluzion­e del 1947 di dividere la Palestina ha incontrato il netto rifiuto da parte della totalità del mondo arabo. Forse questa decisione o la reazione conseguent­e sono state un errore, comunque dal punto di vista palestines­e è stata una catastrofe. Ma la decisione era presa e tutti hanno dovuto imparare a fare i conti con i suoi effetti. I Palestines­i hanno da tempo rinunciato al loro diritto all’intero territorio della Palestina, dichiarand­osi a favore di una divisione del Paese mentre e le reazioni internazio­nali ribadiscon­o la necessità di esaminare alcuni aspetti del conflitto. Ormai da vari decenni il mondo parla della possibilit­à di una soluzione a due Stati. Occorre però chiedersi: dov’è il secondo Stato?

Questo aspetto è particolar­mente importante in quanto il conflitto israelo-palestines­e è diverso dalle centinaia di conflitti della storia dell’umanità. Le ostilità si scatenano in genere tra due nazioni o tra due gruppi etnici che si contendono risorse come l’acqua o il petrolio. Invece il conflitto israelo-palestines­e non riguarda due nazioni o Stati, ma due popoli profondame­nte convinti di aver diritto allo stesso piccolo pezzo di terra, sul quale vogliono vivere, preferibil­mente

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