Le ragioni dell’Abi sugli npl e lo stop Bce
Stavolta le banche italiane possono dire di averla avuta vinta, nei confronti della Vigilanza Bce guidata da Danièle Nouy. Il pressing anche da parte del Parlamento Ue, contro le rigidità nella valutazione dei nuovi crediti in sofferenza (npl) proposte da Nouy — il cosiddetto «addendum» — che prevede di portare a zero il valore degli npl in sette anni, se garantiti, e in due anni se privi di garanzie ha avuto l’effetto di una parziale marcia indietro da parte della Vigilanza: come ha spiegato ieri in commissione d’inchiesta sulle banche il membro della Vigilanza, Ignazio Angeloni, la Bce adatterà i nuovi criteri sugli npl, tarandoli su ogni singola banca, e ne imporrà il rispetto solo dopo una attenta analisi delle caratteristiche del singolo istituto. La Vigilanza ha accusato il colpo inferto dai servizi legali del Parlamento e del Consiglio europei, cioè che la Bce non può — fissando regole uguali per tutti — imporre di fatto norme, superando i confini stabiliti dalle norme europee. È questo un punto su cui l’Abi — l’associazione bancaria italiana presieduta da Antonio Patuelli — ha battuto a lungo, sottolineando che bisogna guardare alle condizioni e alla rischiosità dei singoli istituti. Angeloni ieri ne dato atto: «L’osservazione è corretta». Per il testo finale la Vigilanza quindi «valuterà formulazioni che evitino ogni fraintendimento».