Corriere della Sera

Addio a Redaelli amico e giornalist­a, uomo in maglia rosa che amava lo sport

- Flavio Vanetti

Ho avuto la fortuna di conoscere Daniele Redaelli (foto) e di lavorarci assieme nei miei sette anni alla Gazzetta dello Sport. Ed è con sgomento che ho appreso della sua scomparsa, nelle ultime ore del 2017. Chi era Daniele? Prima di tutto un amico, una persona cara e generosa al punto di pensare più al bene del giornale che a se stesso. Poi era un giornalist­a di una razza sempre più rara: attento, preciso, curioso; un conoscitor­e dello sport come pochi ne restano. Era, per scelta, più un uomo «di macchina» che di scrittura, dunque un collega del quale non sempre incontravi la firma, ma del cui lavoro quotidiana­mente vedevi traccia nelle pagine. In particolar­e era meticoloso nella cura dei risultati, «perché questo è il primo servizio che la “rosea” deve dare ai lettori». Quelli dei Giochi 1984 li curò personalme­nte: c’erano ancora macchine per scrivere e fogli di carta, in un giorno clou dell’evento arrivò alla cartella numero 104, saltando perfino sulla sedia pur di costringer­e corpo e mente a non arrendersi alla fatica. Daniele Redaelli era entrato alla Gazzetta a 19 anni, come correttore di bozze e come collaborat­ore. Amava tutti gli sport, ma sci nautico, motonautic­a, boxe e alpinismo (per gli studi in geologia) erano quelli preferiti. Aveva una ideale maglia rosa addosso. Non l’ha mai lasciata. E vi assicuro che chi ha lavorato nella Gazzetta di quei giorni quel colore l’avrà per sempre nel cuore.

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