La fine della luna di miele e l’equivoco della volontarietà
La Var ha bisogno del tagliando di metà campionato. Dopo un inizio molto discusso, si è passati alla sorpresa positiva e inaspettata del numero di errori cancellati dagli arbitri di campo e dagli addetti alla tecnologia; anche la larga accettazione, da parte dei calciatori, del nuovo arbitraggio ha contribuito alla crescita del consenso. Si poteva dire che il risultato al 90’ era definitivo e che tutta la storia della partita era ormai stata scritta. Buono, a volte ottimo il lavoro della coppia
di arbitri: la risposta derivata dalla tecnologia fa rivedere i fatti di gioco e permette di chiarire la prima impressione acquisita sul campo dall’arbitro e carica, talvolta, di dubbi. Mesi operativi con il rispetto di un protocollo della Fifa che indicava i confini della collaborazione tra i due arbitri nell’ambito prevalente delle aree di rigore, del fuorigioco e dei falli. La certificazione della corretta preparazione ed esecuzione del gol, in definitiva. Una serie di decisioni oggettive, che andava a sommarsi alle molte decisioni soggettive leggibili in maniera diversa dai due arbitri. Proprio le valutazioni soggettive sono quelle che, di recente, hanno mostrato il punto debole dell’arbitraggio a due, anche se aiutato dalla Tv. Non può sconvolgere il progetto ma deve far pensare come avvicinare le interpretazioni dei falli — soprattutto quelli di mano in area — tra i due arbitri. Il concetto di involontarietà ha bisogno di essere rivisto per poter stabilire quali falli di mano in area vadano puniti. Vedere giocatori che volontariamente evitano di allargare le braccia rispetto a quelli che le aprono, non può causare il medesimo provvedimento. E si tratta di dare o non dare rigori: provvedimento che impone uno studio accurato e un’applicazione uniforme, pena la perdita di credibilità e la ricrescita dei dubbi nelle direzioni di gara. Forse gli arbitri, per andare incontro alla tecnologia, debbono perdere un po’ di umanità che talvolta si annida nelle pieghe delle troppe interpretazioni dei falli.