«Serve una rivoluzione culturale per il Rinascimento del calcio»
Gravina: «Bisogna rifondare tutto, Tommasi s’affida troppo ai social»
Tre settimane al voto. Siamo all’anno zero: fuori dal Mondiale e con una Federazione decapitata. La ripartenza è sofferta. Un candidato ufficiale, due potenziali, mille problemi sul tavolo.
Gabriele Gravina, presidente della Lega Pro, all’opposizione nel governo Tavecchio, è pronto a scendere in campo?
«Decideranno venerdì le mie società. Ma ho dato la mia disponibilità per cercare di risolvere i problemi che assillano il calcio e anche per chiudere il cerchio».
Si spieghi meglio.
«Il mio è stato un approccio di sistema in un momento difficile, senza le Leghe di A e B e con Tommasi che negli ultimi tempi ha spesso disertato i consigli federali. Ho lavorato anche per loro, con passione e coraggio. Il calcio, del resto, è la mia vita. La prima partita l’ho vista che ero bambino: Castellaneta-Monopoli…».
Ce l’ha un idolo?
«Il “pittore” Gianni Rivera, anche se non sono milanista. Campione per qualità e stile».
E nella sua vita di dirigente, ha dei modelli?
«Gli Agnelli, Gianni e Umberto. E Massimo Moratti. Le qualità fondamentali sono due: sobrietà e pragmatismo nel saper gestire le situazioni».
È stato anche presidente…
«Del Castel di Sangro, dalla terza serie sino alla B, difesa per due anni. Mi manca solo la serie A».
Il suo nome è stato fatto per la presidenza di Lega...
«Mi sarebbe piaciuto, lo confesso. La serie A, pur minoritaria e questa è una stortura, ha nelle vicende federali un peso politico significativo che deve esercitare con i comportamenti. Me la immagino con un ruolo fondamentale nella prossima governance».
Tommasi, con un tweet, ha chiesto alla gente tre idee per riformare il calcio.
«La sintesi non possiamo trovarla via social. Non è il momento di chiedere, ma di dire quello che si pensa».
E lei cosa pensa? Qual è il suo piano per riformare il calcio?
«Ho preparato una piattaforma programmatica di 50-60 pagine, una rivoluzione culturale vera e non solo annunciata come troppe volte è successo. Un secondo Rinascimento o, meglio ancora, un nuovo Umanesimo».
A cosa punta se dovesse diventare presidente?
«Intanto ho restituito dignità alla Lega Pro. Ora devo impedire che i miei amici presidenti, e non mi riferisco solo a quelli della serie C, ma anche a molti della B, mandino allo sbaraglio affetti e aziende».
La Lega Pro si è autoriformata, passando da 90 a 60 società, eppure l’emorragia non si è fermata.
«Il problema è di sistema. Bisogna rifondare tutto, non solo la Lega Pro. La sostenibilità è fondamentale per garantire una migliore qualità sportiva».
Il lavoro non manca...
«Non c’è solo il club Italia. Ma la riforma dei campionati, il potenziamento delle infrastrutture, la valorizzazione del calcio giovanile, le seconde squadre».
Però...
«Però c’è un lato umano che non può essere sottovalutato. Ho un impegno morale con i miei presidenti. Per questo non posso perdere».
Si parla di Tommasi, Gravina e Sibilia. Ma lei farebbe un passo indietro se ci fosse un candidato unico?
«In questo momento non penso di poter delegare per risolvere i problemi. Dico solo che chiunque guiderà la Federcalcio deve ascoltare la mia Lega e pensare ai presidenti trascinati verso il dissesto economico».
Tommasi ha dichiarato che sarebbe pronto a ritirare la candidatura se «ci fosse convergenza su un quarto nome».
«A me sembra che Damiano non veda oltre se stesso. L’altro giorno, quando ci siamo incontrati, sono stato io a fare la proposta. Ma lui ci ha informato che vuole diventare presidente».
Il progetto condiviso dunque è un’utopia.
«Oggi ci vediamo con tutte le componenti. Ma non è facile, non sono ottimista».
Cosa ne pensa del commissariamento, il cavallo di battaglia di Malagò?
«Non è un pericolo immediato. Ma neppure scongiurato. Con tre candidati credo sia impossibile arrivare ad un governo forte. Quando parlo di modernizzare il calcio penso anche a cambiare lo Statuto. Oggi non c’è un commissario all’orizzonte, ma dopo le elezioni il Coni potrebbe tornare alla carica».
Ancelotti o Conte: chi è il c.t. ideale?
«L’allenatore non è l’unico elemento fondamentale. Per trovare l’equilibrio è determinante l’armonia tra tutte le componenti: calciatori, allenatore, dirigenti e tifosi».