Usa, nuovo stop per Huawei At&t rinuncia all’accordo per vendere i telefonini cinesi
Sicurezza, i timori del Congresso. La sfida all’iPhone
Gli Stati Uniti chiudono la porta a Huawei per ragioni di sicurezza. At&T si è sfilata all’ultimo minuto dall’accordo con la società cinese, terzo produttore mondiale di smartphone dietro a Samsung e Apple. L’annuncio della partnership con l’operatore Usa era previsto per ieri a Las Vegas, dove è in corso il Ces, la più grande fiera mondiale dell’hi-tech. Ma At&t avrebbe fatto marcia indietro, dopo oltre due anni di negoziati, a causa di pressioni politiche. Alcuni membri del Senato e del Committee on Intelligence del Congresso Usa, il 20 dicembre scorso - ha riferito il sito The Information - hanno inviato una lettera alla Federal Communications Commission, sottolineando i rischi per la sicurezza nazionale derivanti dai piani di espansione di Huawei, grazie all’alleanza con uno dei principali operatori di telecomunicazioni sul mercato statunitense.
La rottura dell’accordo con At&T rappresenta una battuta d’arresto per le ambizioni mondiali di Huawei. Nel discorso di fine anno ai dipendenti, il responsabile della divisione smartphone, Richard Yu, aveva ribadito l’aspirazione del gruppo di diventare una marchio veramente globale nel 2018. E, per aumentarne la popolarità in America, si era dichiarato pronto a una campagna di marketing da 100 milioni di dollari. Invece il gruppo cinese non venderà il suo «Mate 10 Pro», il modello di punta che sfida l’iPhone (lanciato in Europa a ottobre a un prezzo di 799 euro) attraverso At&T come pianificato, ma dovrà accontentarsi di distribuirlo attraverso il canale aperto dei rivenditori. Una forte limitazione visto che il 90% degli smartphone sul mercato americano è distribuito attraverso gli operatori di tlc.
Nell’attuale clima politico a preoccupare gli americani probabilmente sono stati i chip dei telefonini prodotti con tecnologia proprietaria Huawei, che a differenza di altri concorrenti ha deciso non servirsi di produttori americani. Non è la prima volta che Huawei finisce nel mirino per ragioni di sicurezza. Nel 2012 il gruppo fondato a Shenzen da Ren Zhengferi,73 anni, ex ufficiale dell’esercito di liberazione, è stato oggetto di un’indagine delle autorità Usa per verificare se le sue infrastrutture per le reti avrebbero potuto essere sfruttare per spionaggio dal governo cinese. Un’accusa sempre respinta da Huawei.
La multinazionale cinese, che ha chiuso il 2017 con un fatturato stimato di 96 miliardi di dollari, più di un terzo grazie ai telefonini, però, non si arrende. «Il mercato statunitense rappresenta sfide uniche per Huawei», ha dichiarato il gruppo cinese. E, anche se il «Mate 10 Pro» non sarà venduto attraverso un’alleanza con un gestore, «restiamo fedeli a questo mercato ora e in futuro». Un mercato dove Huawei ha una quota dello 0,5% rispetto al 39% controllato da Apple e al 18% di Samsung, calcola la società di ricerca del settore Canalys. Secondo alcune indiscrezioni rilanciate dal Financial Times, Huawei starebbe già lavorando a stringere un’intesa alternativa con Verizon, altra compagnia telefonica americana.