Centrodestra, la tagliola dei dieci sondaggi per dividersi i posti nei collegi
Nel centrodestra a quattro ruote motrici, se si tiene fuori agenda il tema dei vaccini obbligatori, si inizia a comporre il puzzle del programma. Invece il Sudoku delle candidature nei 348 collegi uninominali è ancora lontano da una soluzione. Le troppe tensioni tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini e la ferita sulla Lombardia appena suturata hanno consigliato i capigruppo di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e «quarta gamba», guidata da Lorenzo Cesa e Raffele Fitto, di rinviare il tavolo ufficiale sui nomi comuni da schierare nell’uninominale. In realtà, ieri la discussione sulle candidature è proseguita intorno a una tavola imbandita, in un ristorante non lontano dalla Camera, ma solo tra i tre partiti maggiori.
Il nodo da sciogliere è uno in particolare: qual è la data dei sondaggi da prendere come punto di riferimento per stabilire (grazie alla media di 10 rilevamenti) le quote tra i quattro partiti della coalizione? In principio, Berlusconi, Salvini e Giorgia Meloni erano partiti da un dato storico, 40, 40 e 20: cioè la stessa quota di collegi agli azzurri e ai leghisti, metà agli ex di An e le briciole ai cespugli. Ma questo schema è stato sbaragliato dalla crescita attribuita a FI e dall’irruzione sulla scena dell’alleanza di Cesa con il suo scudocrociato (che sarà presentato oggi nella sede romana di «Noi con l’Italia»).
L’ultimo sondaggio utile è il più favorevole a FI: Tecnè attribuisce agli azzurri il 18%, alla Lega il 12%, il 5,3 % a FdI, il 2,6% a Noi con l’Italia» più uno 0,7% ad «altri». Se il dato verrà confermato, i calcoli interni al centrodestra per l’attribuzione dei collegi cambiano: con una coalizione che sfiora il 40% (ora siamo al 39,2%), Forza Italia dovrebbe avere la metà (47-48%) dei collegi considerati sicuri o quantomeno contendibili. A seguire, la Lega con una quota del 28-30%, FdI con il 12-13% e la «quarta gamba» con il 6-7%.
«Tra pochi giorni — ha spiegato il segretario dell’Udc Cesa ai suoi fedelissimi Marco Di Stefano (uscito due giorni fa dal Pd, ndr) e Pino Galati, appena terminata la riunione con gli altri capigruppo — usciranno i sondaggi a livello territoriale e allora avremo uno strumento in più. Io dico che noi rappresentiamo circa il 10 % della coalizione perché la quota nell’uninominale dei più piccoli, che con il Rosatellum portano acqua nel proporzionale ai più grandi, va sovrastimata».
Dopo avere stabilito qual è la data buona per rilevare la media dei sondaggi, il metodo dovrebbe essere questo: in Lombardia, per esempio, spetterebbe alla Lega, che lì punta a essere il primo partito della coalizione, la prima scelta dei collegi. In Campania, viceversa, i numeri danno ragione a FI sulla priorità di scelta. Ma nell’incastro devono entrare anche casi singoli («Preferirei candidarmi a Roma», ha fatto sapere Giorgia Meloni) che passano anche dalla consistenza territoriale della «quarta gamba» in Sicilia, Calabria e Veneto.
Sul programma invece l’intesa sembra più a portata di mano, se si escludono i temi divisivi come le vaccinazioni obbligatorie e l’euro. Ieri le riunioni sono state due per mettere a punto un primo «elenco di titoli»: «Abolizione definitiva di Equitalia, vincolo di mandato per i parlamentari, elezione diretta del capo dello Stato, pensioni minime a 100 euro, pensioni alle casalinghe, separazione delle carriere tra giudici e avvocati dell’accusa, riforma delle intercettazioni e della custodia cautelare».