Macron a lezione di cinese: quando il leader parla straniero
Dal russo di Chirac a Putin che usa (quando vuole) il tedesco
«Rang», ripete il tenace PARIGI Macron. «Rang», lo corregge l’interprete addolcendo la «r» e dimenticando la «g». «Rang è come Jean, insomma!», esulta il presidente francese, che prosegue a imparare lo slogan Make Our Planet Great Again in mandarino, mentre la truccatrice lo prepara prima di pronunciare un discorso sul clima a Pechino.
La scena di Macron che si esercita a dire rang diqiu zaici
weida non è stata rubata ma diffusa direttamente da Macron sul suo account Twitter, un modo per realizzare l’ennesimo colpo di comunicazione dopo la «diplomazia del cavallo» inaugurata regalando il bellissimo baio della Guardia repubblicana «Vesuvius» al presidente Xi Jinping. A Macron, politico fortunato e per adesso vincente fino a sfiorare l’antipatia, i colpi di immagine riescono sempre: dalla bottiglietta lanciata per aria e fatta riatterrare diritta sul tavolo durante la campagna elettorale, alla battaglia di strette di mano vinta con Trump.
Nel very soft power Macron vince anche quando non si impegna: la traduzione fonetica del suo nome — Ma-KeLong — in mandarino significa, appunto, «il cavallo che doma il dragone». Il nome del suo predecessore Hollande — Ao-Lang-De — evocava invece «una brillante virtù misteriosa», insomma un pasticcio. Macron ama esibire la sua conoscenza dell’inglese, che parla in modo fluente a differenza di Hollande e ancora di più di Sarkozy (che ricordava l’ispettore Clouseau). Lo ha usato per rivolgersi agli investitori della City, agli spettatori della Cnn e ai ricercatori americani delusi da Trump.
Per gli uomini di Stato le lingue straniere sono una risorsa importante, da usare con cautela per non tradire il protocollo e la sensibilità dei connazionali. Un altro presinon dente francese che parlava un discreto inglese è stato Jacques Chirac, che per acquisire meriti nel mondo arabo apostrofò in inglese davanti alle telecamere un agente israeliano durante una movimentata visita a Gerusalemme. Chirac amava coltivare la leggenda di una sua grande padronanza del russo, che ha in effetti studiato per molti anni, tanto da scrivere poi una traduzione dell’Eugene Onegin di Alexander Pushkin.(«Gli editori hanno detto bellissima ma l’hanno mai pubblicata», finì per precisare). Il presidente russo Vladimir Putin corre volentieri in soccorso dell’interprete verso il tedesco, lingua che padroneggia grazie al lungo soggiorno come agente del Kgb a Dresda, e la cancelliera Angela Merkel può ricambiare il favore con l’ottimo russo imparato nella natia Germania Est.
Tra gli italiani hanno spesso ricevuto complimenti per il francese impeccabile Giorgio Napolitano e Enrico Letta, Federica Mogherini è fluente in inglese e francese, mentre Virginia Raggi si è mostrata a suo agio in inglese e spagnolo. Tra i meno brillanti ieri sera al vertice di Roma il premier spagnolo Mariano Rajoy, che tempo fa mostrò in tv i suoi volenterosi, e disperati, tentativi in inglese.