Colpo al Ritz, rubati gioielli per milioni
Parigi, i rapinatori in scooter armati di pistole e un’ascia. Tre fermati, due ancora in fuga
Arsenio Lupin non approverebbe l’uso delle armi ma il bottino e la «location» sono degni dei più rocamboleschi furti del ladro gentiluomo creato dallo scrittore francese Maurice Leblanc. «Diversi milioni di euro», almeno 4,5 secondo il quotidiano Le Figaro. La polizia non ha ancora potuto quantificare il valore dei gioielli rubati ieri da cinque uomini armati che, intorno alle 18,30, hanno fatto incursione brandendo pistole e fucili nell’hotel Ritz, storico cinque stelle nel cuore nobile di Parigi. Sotto gli occhi di decine di testimoni, coperti da passamontagna neri, hanno mandato in frantumi con un’ascia la vetrina dove erano esposti i preziosi monili e hanno arraffato velocemente quanto potevano prima di darsi alla fuga. Tre sospetti sono stati arrestati sul posto da alcuni agenti che in quel momento stavano pattugliando Place Vendôme, dove si affaccia l’albergo, ma altri due sono riusciti a scappare in scooter con il malloppo.
Non è la prima volta che la grande piazza, e le sue celebri gioiellerie, vengono prese di mira dai rapinatori. Questa volta, però, i banditi hanno puntato in alto. Il Ritz è uno degli hotel più famosi del mondo, simbolo della «Ville Lumière» e dei suoi lussi. Il preferito da intellettuali e grandi star, diventato tragicamente ancor più celebre vent’anni anni fa, perché fu qui che la principessa Diana consumò la sua ultima cena assieme al fidanzato Dodi AlFayed — figlio del magnate egiziano proprietario dell’hotel — prima di entrare nella macchina che li accompagnò verso la morte nel Tunnel di Pont de l’Alma.
Da quel giorno, l’albergo è meta costante di turisti e curiosi che ogni giorno si appostano davanti al numero 5 di Place Vendôme per cercare di individuare qualche Vip fra gli ospiti che escono dal «palace». D’altra parte, il Ritz è da sempre un «must» di Parigi, per chi se lo può permettere. Inaugurato nel giugno del 1898, ebbe tra i suoi primissimi estimatori Marcel Proust (cui è dedicata una delle suite più belle) che un giorno scrisse «al Ritz nessuno ti fa pressione». Fu il primo albergo al mondo con telefono, elettricità e vasca da bagno in ogni stanza. Il posto ideale per star del calibro di Maria Callas, Charlie Chaplin, Rodolfo Valentino, Greta Garbo. La stilista Coco Chanel scelse addirittura di viverci stabilmente, per oltre 30 anni. E oggi il suo fascino d’antan continua ad ammaliare, tra gli altri, William e Kate Middleton.
Finora, però, le armi erano rimaste fuori. Perfino Ernest Hemingway dovette arrendersi: si racconta che lo scrittore americano, «embedded» come corrispondente di guerra nella Quarta divisione sbarcata in Normandia nel 1944, chiese a lungo di poter «liberare» l’hotel occupato dai nazisti con una squadra apposita di soldati. Ci arrivò, finalmente, a bordo di una jeep militare il 25 agosto, armato di mitra e accompagnato da un gruppo di partigiani. Irruppe nella hall dell’hotel urlando che era venuto personalmente a far prigionieri i dignitari nazisti, che lo avevano requisito e occupato quattro anni prima. Il manager del Ritz, Claude Auzello, si avvicinò cauto: «Monsieur — gli disse — i tedeschi se ne sono andati da tempo. E non posso farvi entrare con un’arma». Hemingway obbedì e andò a farsi parecchi Martini dry al bar. Che oggi porta il suo nome.