I LIMITI DEL CORTEGGIAMENTO PERCHÉ DENEUVE SBAGLIA
Caro Aldo,
la grande attrice francese Catherine Deneuve ha firmato, assieme ad altre donne, un manifesto che denuncia l’ipocrita perbenismo di chi cavalca l’onda di sdegno generata da certi schifosi atteggiamenti maschilisti che è poi degenerata in un’intransigente «pruderie» femminista: per ottenere denaro, potere e, soprattutto, visibilità (altrimenti ingiustificata). Roberto Bellia
Vermezzo (Mi)
Ame invece pare che il testo frettolosamente firmato da Catherine Deneuve sia molto discutibile. Non si difende la libertà di corteggiare — il che rappresenta un’ovvietà per qualsiasi persona di buon senso —, ma la «libertà di importunare»: che non è la stessa cosa. Non ci vuole molto a capire se un corteggiamento è apprezzato o non lo è: a insistere si diventa appunto importuni, il che è umiliante per il corteggiatore molesto e fastidioso per la donna. Corteggiare non significa infastidire, vale a dire fischiare per strada, fare apprezzamenti ad alta voce, tanto meno allungare le mani. Altri passaggi dell’appello sono ancora più infelici: «Una donna può pretendere che il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, e non sentirsi traumatizzata per sempre perché qualcuno si è strusciato contro di lei in metrò». Ma strusciarsi contro una donna in metrò non significa corteggiarla e neppure importunarla o infastidirla: è un reato bello e buono, che dovrebbe essere sanzionato dalla giustizia e a mio modo di vedere già sul momento dagli stessi passeggeri. Altre frasi ancora suonano involontariamente comiche, ad esempio là dove si legge testualmente che«la pulsione sessuale è per natura offensiva e selvaggia»: più che David Herbert Lawrence fa venire in mente Giorgio Bracardi («perché l’uomo è una bestia!»). Non mi pare insomma un modo serio né per discutere la componente di potere sulle anime talora sottesa alla seduzione — che può essere un incontro di volontà, ma a volte può anche essere una volontà che si impone su un’altra senza bisogno di ricorrere alla forza —, né per affrontare gli eccessi del politicamente corretto. La campagna «me too» (è successo anche a me) è giusta se dà alle donne il coraggio di denunciare; lo è meno quando sostiene che dietro il successo di una donna ci sia necessariamente un compromesso con il potere di un uomo.