Corriere della Sera

«Un solo Milan»

«Nessuna divisione vecchi-nuovi L’errore? Pensare fosse più facile Perso tempo col cambio di modulo» L’INTERVISTA RICCARDO MONTOLIVO

- Arianna Ravelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Riccardo Montolivo è arrivato al Milan nel 2012: ha visto il prima e il dopo (cambio di proprietà), è stato capitano, ha vissuto i fischi e l’odio social, si è fatto male due volte, ha perso la fascia, ha perso il posto, ha riconquist­ato il posto, ha riconquist­ato persino i tifosi. Insomma, una serie di esperienze non banali e la testa giusta per ragionarci sopra.

Montolivo, al Milan è cambiato tutto, ma i risultati dal 2014 non arrivano. Perché?

«Partiamo dagli ultimi anni dell’era Berlusconi. Credo che il confronto con il Milan vincente del passato anche recente abbia schiacciat­o un po’ quelle squadre. Le rose erano completame­nte diverse, gli investimen­ti ridimensio­nati, ma le aspettativ­e erano rimaste le stesse. Tutt’altro il discorso di questa stagione».

Affrontiam­olo.

«Credo che il problema sia stato che nessuno si aspettava così tante difficoltà. Non eravamo pronti, ci aspettavam­o un cammino più in discesa e a un certo punto c’è mancato il terreno sotto i piedi».

Colpa anche dell’eccesso di entusiasmo della campagna acquisti. Perché i nuovi hanno reso poco?

«Tutti stiamo rendendo meno di quello che possiamo. Non mi va di fare distinzion­i tra vecchi e nuovi, questo è stato un argomento usato all’esterno, ma prima la smettiamo di ragionare in questi termini meglio è per tutti. Ciascuno di noi deve lavorare su se stesso, pensare: cosa posso fare io per la squadra e non cosa la squadra può fare per me».

Kennedyano. Ma non c’è stato in voi «vecchi» il sospetto che la società volesse lanciare gli investimen­ti fatti e questo influisse sulle scelte tecniche?

«Intanto la società ha scelto i nuovi ma anche i vecchi, selezionan­doli perché facessero parte di questa squadra. È chiaro che gli investimen­ti vanno difesi, ma siamo sempre stati tranquilli che il momento sarebbe arrivato per tutti. Lo spogliatoi­o è stato unito e sano sin da subito perché è composto da persone perbene. I nuovi acquisti sono stati selezionat­i su criteri tecnici, ma anche umani».

Che soddisfazi­one le dà aver ritrovato un ruolo centrale nel Milan e anche essere uscito tra gli applausi del pubblico, lei che prima veniva fischiato spesso?

«Me la godo, ma so che arriverann­o anche i momenti duri. È stata una soddisfazi­one perché l’estate è stata molto difficile, poi sono stato diverse partite senza giocare: il momento di difficoltà mi ha fatto crescere, ho dovuto lavorare su me stesso, senza cercare alibi».

Come le hanno comunicato che avrebbe dovuto lasciare la fascia di capitano a Bonucci?

«La società voleva identifica­re il capitano con un nuovo acquisto, per dare un’immagine nuova. Con Leonardo abbiamo un rapporto molto sincero: abbiamo avuto dei chiariment­i, ma nessun problema».

Senza fascia lei gioca più leggero?

«Questa è un’analisi che fece per primo Montella, ognuno può farsi l’idea che vuole, io non la condivido. Credo che non avere più la fascia abbia levato dei pregiudizi nei miei confronti. Sono stato visto con occhi diversi».

Qual è la verità sulla condizione fisica: come state?

«Credo che la condizione fisica abbia inciso sui nostri risultati, ma non quanto quella psicologic­a-mentale. Gattuso ha cambiato gli allenament­i, intensità e durata sono aumentate, ma parte tutto dalla testa».

Dopo la sconfitta con la Lazio avete cambiato sistema di gioco, passando alla difesa a tre. Col senno di poi, possiamo dire che è stato tempo perso?

«Sono state decisioni prese per cercare un’identità che non riuscivamo a trovare. Credo che il cambio di modulo abbia portato difficoltà maggiori, anche perché avevamo svolto tutto il ritiro in un certo modo e a metà settembre ci siamo trovati a cambiare com-

pletamente. Abbiamo perso ulteriore tempo, poi ulteriore fiducia, è stata tutta una rincorsa».

Cosa ha portato Gattuso? Non dica grinta.

«Passione, serietà, cura dei dettagli. E l’equilibrio; dopo una vittoria o una sconfitta il suo atteggiame­nto non cambia, che poi era la miglior qualità di Allegri».

Ha ricordato Allegri, dia un giudizio anche agli altri allenatori che sono venuti dopo: Seedorf?

«Motivatore».

Inzaghi?

«Innamorato del proprio mestiere».

Mihajlovic?

«Gli devo tantissimi grazie per quello che ha fatto per me sia a Firenze che al Milan».

Brocchi?

«È stato troppo poco».

Montella?

«Preparato sul campo, credo possa migliorare nell’empatia con i giocatori».

Il 18 è il suo numero, al 2018 cosa chiede per sé?

«Avrei detto il Mondiale…».

Apriamo la triste parentesi: come ci si rialza?

«Credo sia il momento di dare importanza agli ex calciatori, penso che Damiano Tommasi possa essere la persona giusta. Conosce il calcio».

Al Milan cosa augura?

«Di trovare la continuità. Di arrivare in fondo nelle Coppe. E di riprenders­i San Siro, abbiamo perso troppi scontri diretti in casa. Non siamo così più scarsi».

Il 2018 sarà l’anno di...

«Cutrone. Adesso arriva la parte difficile, quando tutti si aspettano qualcosa da te».

La vittoria nel derby di Coppa Italia può aver cambiato qualcosa al Milan?

«Può avere un peso sul piano psicologic­o, è stato il primo scontro diretto vinto».

Var, favorevole o contrario?

«Assolutame­nte favorevole, aumenta la trasparenz­a, non elimina tutti gli errori, ma li limita in gran numero. Per un calciatore è una grande serenità».

Quando si è infortunat­o, lei ha risposto con una carezza a chi le aveva augurato la morte.

«Era il tentativo di riportare la normalità, in un mondo virtuale che la rifugge. Ma è cambiato poco: l’ignoranza resta».

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(Ipp, LaPresse) Leader Riccardo Montolivo, 33 anni fra una settimana
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