Le donne, gli uomini, i «no». Una zona grigia c’è, basta essere pari
Caro Direttore, può una ragazza delegare a un naso storto — importante, come si dice — il compito di dire al mondo che vuole essere considerata intelligente prima che bella? Che vuole essere considerata intera e non per come appare al primo colpo d’occhio? E può una ragazza percepire il mondo esterno in modo così pericoloso da aver bisogno di un brutto naso per difendersi? O invece è un’arma contro le sue stesse insicurezze, la scarsa fiducia nei suoi stessi mezzi? Che poi… Non è che non conosca quello che può affascinare un uomo e si astenga dal gioco. Insomma: come a tutte le donne (e agli uomini) anche a lei piace piacere, forse anche più di quanto piaccia alle altre che non devono vedersela con quel difetto così ostinatamente mantenuto. Stupidamente mantenuto, a dispetto della sua autopresunta intelligenza! Che di donne belle e intelligenti, poi, è pieno il mondo. Ma tant’è, e molte volte la ragazza — ormai donna adulta — si è misurata con questo simbolo intimo ed estremo di libertà e autodeterminazione, difficile proprio come lo è un complesso e allo stesso tempo guanto di sfida nel complicato mondo delle relazioni: perfino sua madre ancora non ha capito perché sua figlia si sia ostinata, invece di ricorrere alla chirurgia estetica. Figuriamoci gli uomini! Ma anche le donne. Perché entrando nella zona grigia dei rapporti maschio/femmina — del sottile confine tra complimento garbato e avance invadente — credo che le donne sentano istintivamente, anche in modo ignorante (ossia quando ancora non conoscono il mondo nonostante l’assoluto della giovinezza le porti a credere di sapere tutto) le donne sentono e sanno che il corpo, lo sguardo, la bocca più di qualsiasi altra cosa sono potenti, prima di qualsiasi altra cosa arrivano, e possono determinare — se non un destino — un tratto del percorso. Come ha scritto Pierluigi Battista, è vero che gli uomini lo sanno quando un no è un no, io aggiungo che lo sanno bene anche le donne — comprese quelle che se la vedono con i propri complessi — quando stanno mettendo in campo qualcosa che attira l’uomo in questa zona grigia dove le cose possono anche scappare di mano. È qualcosa, purtroppo, di atavico, riferibile a quell’istinto ritornato in auge in Francia in queste ore e che appartiene alla sottocultura di preda e predatore: si possono ribaltare i ruoli, e non si sa chi ne esca peggio ma certo non ne esce bene nessuno. Ma questa zona grigia è anche il delicatissimo campo da preservare perché è quello in cui può germogliare uno dei semi che dà senso alla vita, l’incontro e la relazione con l’altro. Forse potrebbe essere questo il territorio su cui, alla pari, uomini e donne possono prima guardare dentro a loro stessi e poi guardarsi negli occhi, cercare una crescita prima come individui e poi insieme. Potrebbe essere la casa comune da preservare dai roghi purificatori in cui con troppa avventatezza a volte si possono incendiare reputazioni e vite, la casa comune in cui affrontare le urgenze ancora acute della questione femminile, in cui sarebbe bello potersi comprendere ancora prima che giudicare. Quella in cui una donna sente che può scegliere di essere bella o meno senza che ne vada — a livello sociale — del suo valore. Forse a 80 anni mi rifarò il naso.