Scatti «sfumati» dall’isola-carcere: l’Asinara sepolta e riesumata di notte
Tra iper-realtà e dimensione onirica, le immagini nel volume di Marco Delogu edito da Punctum
Cerchi di filo spinato spezzati dallo scorrere del tempo, aggrappati a pali su un muro come brandelli di storia che hanno perso la strada. Una torretta di sorveglianza, che sovrastava i detenuti, a sua volta sovrastata da una nuvola scura. La porta di quello che fu un campo da calcio, adesso priva di rete, ridotta a un ingresso sul niente. Suoli ruvidi. La collinetta rocciosa sulla quale si erge un faro che sembra tremare, come tremula sarebbe potuta apparire a un carcerato allucinato dalla prigionia. Non c’è il fulgore della luce solare che in estate rende splendida l’isola nel libro Asinara, raccolta di fotografie scattate da Marco Delogu in un frammento della Sardegna citato in cronache e testi storici più di quanto sia frequentato da persone (edizioni Punctum). Un’omissione deliberata.
Dal 2015 direttore dell’Istituto italiano di cultura a Londra, dopo aver speso decenni tra ritratti e pubblicità, Delogu da fotografo sovverte i tratti delle immagini percepibili dagli occhi nudi. Lo fa guardando cose, individui e animali con lo sguardo del quale si dispone in genere durante notti di luna piena. Il suo diventa un momento di vista, più che un punto di vista: sfuma i contorni degli oggetti e dei panorami inquadrati dall’obbiettivo; li fa vagamente oscillare, barcollare tra iperrealtà e dimensione onirica.
Dimenticate la sgargiante retorica da cartolina dei depliant turistici sulle isole mediterranee. Chi ne ha, tenga invece a portata, in un angolo della mente, i vaghi ricordi delle foto in bianco e nero che comparivano in servizi giornalistici degli anni Settanta sui detenuti del carcere speciale dell’isola protagonista del libro, prima di allora luogo di quarantena, colonia penale, accampamento per prigionieri di guerra. Nello sfogliare Asinara, quei ricordi potrebbero servire da enciclopedia o da lemmario per riportare alle origini, ai punti di partenza, le sagome di ciò che è rimasto di una prigione, un bunker, una stazione semaforica per segnalazioni destinate alle navi quasi demolita dall’abbandono. Nelle baie fotografate da Delogu potrà sembrare di scorgere fiordi scandinavi. Sbagliato. Sono tratti di mare sardo, arginato da masse di pietra longeva corrosa da sole e intemperie. Il fraintendimento deriverà dal girovagare dell’immaginazione. Nel fornire una particolare percezione del vero, le immagini del libro possono anche portare fuori strada.
«Buio luminoso» viene definito dall’autore ciò che ha trovato all’Asinara in notti di luna d’agosto. «Gli echi dei molti dolori del passato si fanno sentire», constata Delogu. È un’impressione che chiunque abbia visitato l’isola può confermare. «Fornelli» si chiamava una delle carceri riservate a detenuti pericolosi. Il nome ricorreva spesso nelle corrispondenze degli inviati mandati una quarantina d’anni fa a raccontare le rivolte di carcerati. Trasmetteva sia l’arsura sia la essenzialità del posto. Delogu ci riporta a quello che ne resta. Per esempio, al portone azzurro di metallo che in una sua foto assomiglia al fermo immagine di un mesto cartone animato. Da quelle parti sono stati rinchiusi artefici di diversi mali d’Italia, come Raffaele Cutolo che guidò gran parte della camorra e Renato Curcio che fondò le Brigate rosse. Stride pensarli a poca distanza da piante dai nomi poetici come l’elicriso, un cespuglio di foglie argentate e fiorellini gialli.
Della materialità senza vita delle foto scattate dal sardo Delogu in notti deserte colpisce come, da essa, possa sgorgare un’abbondante varietà di vocaboli, dunque di idee. Nelle poche righe che il libro contiene, Edoardo Albinati riflettendo sull’isola e il suo passato impiega tra le parole «derelizione umana», «appestati», «fibrillante azzurro», «monocromia», «tenebra». Espressioni rare o desuete usate da Delogu risultano capaci di accendere nel pensiero del lettore altrettante diapositive: «sabbia maculata di ginepro», «lazzaretto», «lanternista».
Adesso che prenotandosi in estate li si può visitare, l’Asinara e i lembi della sua costa costituiscono una meraviglia accessibile. A quanti li guardano, consegnano flash prodotti da vari tipi di vita: quella marina, quella animale dei suoi cavalli e degli asini, quella vegetale di piante tenaci. Non offre dell’isola il lato oscuro, il libro di Delogu. Ne offre uno dei lati possibili qualora il lettore, sfogliandolo, abbia voglia di far interagire con gli occhi socchiusi le raffigurazioni della realtà con la memoria e le associazioni di idee. Non ne se ne ricava il lato radioso, dell’Asinara. Per niente. Se ne incontra un lato sepolto, riesumato di notte. Il cui valore sta nel rendere palesi aspetti meno evidenti sotto la luce del sole.