La figlia, le accuse E il padre si uccide
Frosinone, era stato allontanato da casa. Si è impiccato davanti al portone di una chiesa
Si è ucciso impiccandosi l’uomo accusato di abusi su una figlia. La moglie: «Non so se quelle accuse fossero vere».
Era sparito CASSINO (FROSINONE) da domenica pomeriggio. Il fratello, dal quale era andato ad abitare dopo l’ordine del gip di restare ad almeno un chilometro di distanza dalla casa della moglie, non si era preoccupato più di tanto. D’altra parte a 53 anni l’agente di custodia accusato a dicembre di abusi sessuali sulla figlia quattordicenne era libero di fare qualsiasi cosa. Il braccialetto elettronico che portava alla caviglia doveva soltanto segnalare se avesse violato la disposizione del giudice, in attesa dell’incidente probatorio fissato per febbraio.
Ma il cinquantenne ha approfittato di quelle ore passate da solo, alla vigilia dell’interrogatorio di un altro fratello, per togliersi la vita, impiccandosi con uno spago per pacchi alla grata del portone d’ingresso di una chiesa in cima alla rocca che domina la piana di Cassino. La conosceva bene perché, oltre a essere un luogo suggestivo, c’era anche cresciuto, con i suoi numerosi fratelli. Probabilmente sconvolto perché la notizia delle violenze sulla figlia era diventata di dominio pubblico da sabato scorso, e preoccupato all’idea di poter finire in carcere, l’agente ha deciso di farla finita, e la tragedia è stata scoperta ieri mattina dai carabinieri avvertiti dai parenti che si erano messi a cercarlo. Sono in corso accertamenti per ricostruire cosa l’uomo abbia fatto fra domenica e lunedì, prima di dirigersi in auto verso la rocca.
«Il reato del quale era accusato è estinto», sottolineano dal commissariato della cittadina ciociara, che gli aveva notificato il provvedimento del gip il 20 dicembre scorso dopo aver ricevuto la denuncia della moglie e della figlia minorenne all’inizio del mese, in seguito alla segnalazione del preside della scuola frequentata dalla ragazza che aveva letto in un compito in classe le sue confessioni sulle violenze subìte in casa dal padre da maggio all’estate 2017. «Quando non andavo a scuola perché mi sentivo poco bene», ha scritto la giovane, allora tredicenne. Violenze che — come riporta l’ordinanza del gip che aveva definito l’indagato di «indole subdola e manipolatrice, con scarsa capacità di controllo dei propri istinti sessuali» — si sarebbero verificate in sei-sette occasioni (due accertate dalla polizia), sempre in casa.
L’agente si è prima avvalso della facoltà di non rispondere, poi con dichiarazioni spontanee si è proclamato innocente. Per chi lo assisteva sembrava tranquillo, anche se provato. La moglie, in sede di denuncia, aveva invece spiegato di non volerlo perdonare un’altra volta dopo averlo fatto anni fa per aver molestato un’altra figlia. Adesso la Procura di Cassino ha disposto l’autopsia, i funerali potrebbero essere celebrati entro la fine della settimana.
Non si esclude però che venga aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Sotto accusa anche i media invitati dal Garante per la protezione dei dati personali a comportarsi «con responsabilità, evitando di pubblicare informazioni che — pure quando provengano da fonti ufficiali — possano rendere, anche indirettamente, riconoscibili le vittime di abusi, danneggiandole ulteriormente. La divulgazione di tali informazioni risulta ancor più grave se si tiene conto che la vittima è minorenne», con «tutela rafforzata» da Codice privacy, codice penale, Carta di Treviso e Convenzione dei diritti del fanciullo.
L’attesa L’uomo era dal fratello, i magistrati avevano fissato per febbraio l’incidente probatorio