Corriere della Sera

Davos, tra europei e Usa la sfida del protezioni­smo

SCENARI IL COMMERCIO MONDIALE

- di Federico Fubini

Se l’ego degli esseri umani fosse DAVOS materiale esplosivo, per una settimana all’anno Davos sarebbe più pericolosa dei depositi nucleari della Corea del Nord. Fino a venerdì sfileranno al World Economic Forum decine di leader e in quasi tutti loro il narcisismo personale sarà impossibil­e da districare dal (legittimo) amor proprio nazionale.

Oggi tocca a Narendra Modi, il premier nazionalis­ta che cerca di portare in India il sistema sempre più in voga della democrazia plebiscita­ria dell’uomo forte. Sarà lui il primo a rivolgersi alla folla di quasi duemila multimilio­nari, spesso a nove cifre, e qualche decina di miliardari. Ma dall’inizio, la settimana di Davos ha in programma una sfida talmente evidente che nessuno ha ancora osato dichiararl­a: quella fra leader della zona euro sempre più assertivi, ora che l’economia dell’area cresce quasi del 3%, e Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto sapere che venerdì verrà fra le nevi di questo villaggio svizzero per spiegare il senso dello slogan con il quale è entrato alla Casa Bianca: «America First», per Trump, significa ridisegnar­e il posto del proprio Paese nel mondo e ridurne le responsabi­lità verso tutti gli altri. In questi dodici mesi la sua Casa Bianca in effetti ha fatto saltare ogni negoziato commercial­e multilater­ale, per affrontare ogni altra economia da sola: niente Ttip, il patto che avrebbe dovuto creare una zona di libero scambio transatlan­tica; e stop anche alla Transpacif­ic Partnershi­p, l’accordo commercial­e con dodici Paesi dell’Asia e del Pacifico (Cina esclusa) che l’America di Barack Obama aveva cercato inutilment­e di chiudere prima che fosse tardi.

Oggi sugli scambi gli slogan della Casa Bianca, almeno quelli, suonano diversi. La fiducia nell’apertura delle frontiere è scomparsa dalla retorica ufficiale: Trump ha denunciato il Nafta, l’equivalent­e nord-americano del Mercato unico europeo, in queste settimane è impegnato a rinegoziar­lo e non è escluso che lo faccia saltare dichiarand­o l’uscita degli Stati Uniti. Quanto ai rapporti commercial­i con Pechino, anche quelli sono entrati nella fase più delicata: si avvicinano le scadenze entro cui l’America potrebbe alzare tariffe contro l’acciaio cinese, mentre le accuse di furto di proprietà intellettu­ale possono portare tra poco a un muro di dazi americani contro i gadget digitali della Repubblica popolare.

Se questo è il piano dell’uomo che parla a Davos venerdì, il compito di domani per Paolo Gentiloni, Emmanuel Macron e Angela Merkel sembra quasi scontato: i leader di Italia, Francia e Germania avranno gioco facile nel rassicurar­e la platea. Hanno voluto esserci, lo stesso giorno, per garantire il loro impegno a tenere aperti i mercati del mondo e farsi applaudire per questo. Non è mai difficile se dall’altra parte c’è Donald Trump. Un anno fa persino il presidente iperstatal­ista cinese Xi Jinping è stato accolto come un campione della libertà economica.

Poi però qualcuno dei delegati di Davos guarderà i numeri, e forse sarà preso dai dubbi. La zona euro dal 2010 ha una sola costante che accomuna quasi tutti i suoi Paesi: sottrae domanda ai mercati mondiali, accumuland­o surplus e dunque crediti sempre più alti negli scambi di ogni tipo con il resto del mondo. L’avanzo esterno complessiv­o dell’area, a più di 400 miliardi di dollari, è ormai quasi il quadruplo di quello cinese e sale sempre, in ripresa come in recessione. L’Olanda da sola sfiora i volumi di surplus di Pechino. Da Palermo ad Amburgo, un’area immensa sfrutta la domanda del resto del mondo, tenendo depressa la propria. Senza gli acquisti dall’America «protezioni­sta» di Trump, con i suoi deficit esterni da 450 miliardi di dollari, l’area euro rischia un’altra recessione. Ma forse, a Davos, Merkel questo non lo dirà.

 ??  ?? Economia e musica Christine Lagarde, 62 anni, alla guida del Fmi, e il cantante Elton John, 70 anni, ieri al World Economic Forum di Davos
Economia e musica Christine Lagarde, 62 anni, alla guida del Fmi, e il cantante Elton John, 70 anni, ieri al World Economic Forum di Davos

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